Il brano, tratto dal romanzo Vento dell’Est: vento dell’Ovest, è
ambientato in Cina all’inizio del Novecento.
Kwei-lan è una ragazza cinese che ha sposato l’uomo che i suoi genitori
avevano scelto per lei quand’era una bambina; sennonché il marito ha studiato
all’estero (in Occidente) ed è diventato medico e, quando ritorna in Cina, non
è più in grado di accettare le antiche tradizioni del suo Paese, per esempio
quella del Loto d’oro, che obbliga la
donne a bendarsi i piedi. Kwei-lan non capisce e, di fronte al comportamento
del marito, si sente non amata.
Una sera
(eravamo da quindici giorni nella nuova casa) sedevamo insieme nell’atrio.
Entrando avevo trovato mio marito immerso nella lettura di uno dei suoi
libroni, e, nello sfiorarlo, avevo visto, disegnata su un foglio, una forma
umana; ma non già rivestita della pelle, bensì, orribile a dirsi, scorticata in
modo da lasciar vedere la carne sanguinolenta! (1) Come poteva mio marito
interessarsi di letture del genere? Ero inorridita, ma non osai lì per lì
fargli alcuna domanda.
Seduta su una
delle curiose sedie di vimini (sarebbe stato poco dignitoso appoggiarmi alla
spalliera, e perciò sedevo col busto rigido), pensavo con malinconia alla casa
di mia madre. Ecco: a quella stessa ora, si preparava per la cena alla luce
delle candele, fra concubine (2) e bambini vocianti. Mia madre siede al suo
posto di capotavola, e i servi dispongono le terrine coi legumi e il riso
fumante. Trambusto e felicità generali. Mio padre non compare ancora; verrà più
tardi, a cena ultimata, per giocare un poco coi figli delle concubine. La
servitù, una volta sparecchiato, prenderà posto su bassi sgabellucci nel
cortile, e s’indugerà fino a tardi a bisbigliare nell’ombra, mentre mia madre,
chiamato a sé alla tavola sgombra il capo-cuoco, fa i conti alla tremula luce
di una lunga candela rossa.
Oh, casa
materna! Poter ritornare!
Avrei
camminato tra i fiori, mi sarei chinata sulle bacche del loto (3), per
accertarmi se i semi, all’interno, fossero maturi. L’estate era avanzata, la
maturazione vicina… Forse sul tardi, sorta già la luna, mia madre m’avrebbe
chiamata perché suonassi sull’arpa le sue arie predilette. Io avrei obbedito
con la destra atteggiata a trarre dalle corde la melodia, e la sinistra ad
accompagnare in minore…
A questo
pensiero m’alzai ed estrassi con cura lo strumento dall’astuccio laccato (4)
sul quale, intarsiate in madreperla, sono le figure degli otto spiriti della
musica. La cassa armonica, sottostante alle corde, è composta di legni diversi,
ognuno dei quali contribuisce ad accrescere la sonorità dello strumento. Arpa
ed astuccio erano stati regalati alla nonna paterna da suo padre, il quale a
sua volta li aveva fatti venire dal Kwantung (5) allorché la figlia ebbe smesso
di piangere per il bendaggio dei piedi.
Le corde, al
mio live tocco, diedero un suono esile e malinconico. L’arpa è il più antico
strumento del mio popolo, e andrebbe suonata quando c’è la luna, sotto gli
alberi, vicino ad acque chete. Allora la sua voce acquista arcane dolcezze. Qui
però, dove suonavo ora, nell’opaca camera straniera, l’arpa dava un suono
debole e soffocato.
Esitai un
poco, e poi attaccai un pezzo del tempo dei Sung (6).
«Bellissimo!»
disse con gentilezza mio marito, alzando gli occhi. «Mi piace che tu sappia
suonare. Un giorno o l’altro ti comprerò un pianoforte, e imparerai anche la
musica occidentale.» E riprese la sua lettura.
Leggeva il suo
orribile libro. Io lo guardavo facendo macchinalmente vibrare le corde senza
sapere quel che suonavo. Non avevo mai visto un pianoforte: che ne avrei fatto?
Improvvisamente
smisi di suonare: non potevo più. Riposi l’arpa, e sedetti col capo chino, le
mani intrecciate sul grembo.
Ci fu un lungo
silenzio. Mio marito chiuse il libro e mi guardò meditabondo.
«Kwei-lan»
disse.
Il cuore mi
diede un balzo. Era la prima volta che mi chiamava per nome. Che cosa aveva da
dirmi, finalmente? Lo guardai timidamente. Proseguì:
«Da quando ci
siamo sposati, ho sempre avuto in animo di domandarti se vorrai toglierti le bende
che ti serrano i piedi (7). Ne soffre la salute di tutta la tua persona.
Guarda, le tue ossa sono deformate così.»
Rapidamente,
col lapis, schizzò sul foglio un orribile piede rattrappito.
Io ero
stupefatta. Come faceva a sapere? Non mi ero mai bendata i piedi in sua
presenza – nessuna donna cinese espone mai i piedi alla vista altrui. Persino
durante la notte noi teniamo i piedi nascosti in calze di tela bianca.
«Come fai a
sapere?» domandai con voce strangolata.
«Perché sono
un medico che ha studiato in Occidente» rispose. «E poi, non è solo per la tua
salute, ma anche per la tua bellezza che desidero che tu ti levi le bende. I
piedi bendati sono brutti, a parte il fatto che non sono neanche più di moda.
Quest’ultimo argomento dovrebbe convincerti, no?» Dicendo queste parole sorrise
appena, guardandomi non senza dolcezza.
Io m’affrettai
a nascondere i piedi sotto la sedia. Le sue parole m’avevano colpita. Brutti, i
piedi bendati? E io che ero sempre stata così fiera dei miei! Durante tutta la
mia infanzia mia madre ne aveva sorvegliato in persone le quotidiane immersioni
in acqua quasi bollente, e il successivo e sempre più stretto bendaggio. Se io
piangevo per il dolore, lei non mancava di ricordarmi che un giorno mio marito
avrebbe lodato la bellezza dei miei piedi.
Ora, per
nascondere le lacrime, chinai il capo. Pensavo alle infinite notti insonni, ai
giorni in cui mi era stato impossibile mangiare per il dolore, alla perduta
voglia di giocare, alle ore trascorse seduta sull’orlo del letto dimenando i
miei poveri piedi per alleggerirli del loro peso di sangue. E ora? Dopo aver
tanto sopportato, ora che il dolore era da poco cessato, ecco che mio marito li
trovava brutti!
«Non posso»
dissi mezzo soffocata dai singulti; e, incapace di trattenere il pianto,
abbandonai la stanza.
Dei miei piedi in fondo non
m’importava gran che. Tuttavia, se neanche quando portavo le scarpine vagamente
ricamate mio marito s’interessava di me, come potevo sperare di suscitare il
suo amore?
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(1) È evidentemente un libro di anatomia
(2) Sono le altre mogli del padrone di casa; in Cina era
comune la poligamia fino al 1953, quando venne abolita da una legge maoista
(3) Pianta acquatica con foglie molto decorative e grandi
fiori
(4) Rivestito di lacca, una sostanza resinosa da cui si
ricava una speciale vernice
(5) Regione della Manciuria meridionale
(6) Dinastia imperiale cinese che
regnò dal 960 al 1279
(7) Per saperne di più su questa antica usanza cinese,
vedi
Una giovane donna con
i piedi bendati
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