Scritto intorno al 1865, questo
racconto, come quello del ragazzino cattivo, rovescia la prospettiva comune sui
ragazzi buoni, che non sono così fortunati come si legge nei libri della scuola
domenicale; al protagonista vanno tutte storte, fino alla fine
Segue l’edizione originale del
racconto.
C'era una volta un ragazzino
buono che si chiamava Giacobbe Blivens. Obbediva sempre ai suoi genitori, per
quanto assurde e irragionevoli fossero le loro pretese, e imparava sempre la
lezione e non arrivava mai in ritardo alla scuola domenicale. Non giocava mai a
boccette, nemmeno quando il suo naturale buonsenso gli diceva che era la cosa
più redditizia che potesse fare. Nessuno degli altri ragazzi riusciva a vederci
chiaro, in questo ragazzo: si comportava in modo tanto strano. Non diceva
bugie, per conveniente che fosse; diceva che era male dire bugie, e questo gli
bastava. Ed era così onesto da sembrare semplicemente ridicolo. Il curioso modo
di fare di quel Giacobbe passava il segno. Non giocava a palline la domenica,
non rubava i nidi, non dava monete rese roventi dal fuoco alle scimmie dei
suonatori di organetto; non sembrava interessarsi a nessun genere di passatempo
razionale. Perciò gli altri ragazzi ne parlavano fra loro, e cercavano di
capirlo, ma non riuscivano a giungere a nessuna conclusione soddisfacente. Come
ho già detto, potevano soltanto immaginarsi, vagamente, che fosse
"infelice", e così lo avevano preso sotto la loro protezione, e non
permettevano mai che gli capitasse qualcosa di male.
Questo ragazzino buono leggeva
tutti i libri della scuola domenicale; erano il suo maggior divertimento. Il
segreto era tutto lì. Credeva ai bambini buoni che si trovano nei libri della
scuola domenicale; aveva in loro la massima fiducia. Aveva una gran voglia di
incontrarne uno vivo, una volta o l'altra; ma non gli capitava mai: forse erano
tutti morti prima che lui venisse al mondo. Ogni volta che leggeva la storia di
un ragazzino particolarmente buono, girava in fretta le pagine per vedere come
andava a finire, perché avrebbe voluto viaggiare per migliaia di miglia, pur di
poterlo vedere; ma era inutile; quel ragazzino buono moriva sempre all'ultimo
capitolo, e c'era la figura del funerale con tutti i parenti e tutti i bambini
della scuola domenicale in piedi intorno alla fossa, con calzoni troppo corti e
berretti troppo grandi, e tutti che piangevano dentro certi fazzolettoni di almeno
un metro e mezzo di stoffa. Ogni volta la stessa delusione. Non riusciva mai a
vedere uno di quei ragazzini buoni, dato che morivano sempre all'ultimo
capitolo.
Giacobbe aveva la nobile
ambizione di essere messo in un libro della scuola domenicale. Desiderava
esserci messo con le figure che lo rappresentassero nell'azione gloriosa di
rifiutare di dire una bugia alla mamma, e lei che piangeva di gioia; e figure
che lo rappresentassero in piedi sulla soglia di casa mentre dava un soldino a
una povera mendicante con sei bambini, e le diceva di spenderlo con larghezza
ma non con prodigalità, perché la prodigalità è peccato; e figure in cui rifiutava
con magnanimità di denunciare il ragazzino cattivo che lo aspettava sempre in
agguato dietro l'angolo, quando tornava da scuola, e gli dava colpi sulla testa
col righello, e poi lo rincorreva fino a casa, facendo: "Ih, ih!",
mentre camminava. Questa era l'ambizione del giovane Giacobbe Blivens. Voleva
essere messo in un libro della scuola domenicale. Qualche volta si sentiva un
po' a disagio a pensare che i ragazzini buoni morivano sempre: gli piaceva
vivere, capirete, e quella era la cosa più sgradevole dell'essere un ragazzino
di un libro della scuola domenicale. Sapeva che essere buoni non fa bene alla
salute; sapeva che essere troppo buoni come i ragazzini dei libri era più
fatale del mal sottile, sapeva che nessuno di loro era mai riuscito a resistere
a lungo, e lo addolorava il pensiero che, se lo avessero messo in un libro, non
l'avrebbe mai visto; e che, anche se fossero riusciti a pubblicarlo prima della
sua morte, il libro non sarebbe stato popolare, senza in fondo la figura del
suo funerale. Non sarebbe stato un gran che, un libro della scuola domenicale che
non fosse in grado di riportare i consigli da lui dati alla comunità, in punto
di morte. Così, alla fine, si dovette decidere, naturalmente, a fare del suo
meglio, date le circostanze: vivere virtuosamente e tirare in lungo il più
possibile, e tenere pronto il suo discorso funebre per quando fosse suonata la
sua ora. Ma, chi sa perché, a questo ragazzino buono non ne andava mai bene
una. Mai niente gli riusciva come riusciva ai ragazzini buoni dei libri. Questi
se la passavano sempre allegramente, e erano i ragazzini cattivi a rompersi le
gambe; ma nel caso suo ci doveva essere qualche ingranaggio fuori posto da
qualche parte, e gli capitava proprio tutto l'opposto. Quando trovò Jim Blake
che rubava le mele, e andò sotto l'albero per leggergli la storia del ragazzino
cattivo che cadde dal melo del vicino e si ruppe un braccio, Jim cadde, sì, giù
dall'albero, ma cadde addosso a lui e ruppe il braccio a lui, e Jim non si fece
proprio niente. Giacobbe non riusciva a farsene una ragione. Nei libri non
c'era niente di simile.
E una volta che certi ragazzini
spingevano nel fango un povero cieco, e Giacobbe accorse per aiutarlo e
riceverne la benedizione, il cieco non lo benedisse proprio per niente, ma gli
diede una gran botta sulla capoccia con il bastone e disse che ci si provasse
un'altra volta a dargli le spinte e poi a fare finta di aiutarlo. Questo non
concordava con nessun libro. Giacobbe li rilesse tutti per controllare.
Una delle cose che Giacobbe
voleva era di trovare un cane zoppo e randagio, affamato e perseguitato, e
portarselo a casa e coccolarlo e ottenerne eterna gratitudine. E finalmente ne
trovò uno e ne fu tutto contento, e se lo portò a casa e lo nutrì, ma quando
andò per coccolarlo, il cane gli si avventò contro e gli strappò di dosso tutti
i vestiti, meno quelli che aveva davanti, e fece di lui uno spettacolo
strabiliante. Consultò i testi più autorevoli, ma non riuscì a spiegare la
cosa. Era della stessa razza dei cani che si trovano nei libri, ma si
comportava in modo molto diverso. Qualsiasi cosa facesse, questo ragazzo era
sempre nei guai. Le stesse cose per le quali i ragazzi dei libri erano
ricompensati risultavano essere le cose meno redditizie nelle quali potesse
investire il suo capitale.
Una volta, mentre andava alla
scuola domenicale, vide certi ragazzini cattivi che partivano in barca a vela per
una gita di piacere. Ne fu preoccupatissimo, perché dalle sue letture aveva
imparato che i ragazzi che vanno in barca la domenica immancabilmente annegano.
Perciò si precipitò su di una zattera per avvisarli, ma uno dei tronchi gli
rotolò sotto i piedi e piombò nel fiume. Un uomo lo ripescò abbastanza presto,
e il dottore gli pompò fuori l'acqua e poi gli rimise in moto i polmoni, ma aveva
preso freddo e stette a letto malato per nove settimane. La cosa più
inspiegabile di tutta quanta la faccenda fu però che i ragazzini cattivi con la
barca se la spassarono per tutto il giorno e poi arrivarono a casa vivi e
vegeti, proprio in maniera sorprendente. Giacobbe Blivens disse che non c'era
niente di simile nei libri. Era addirittura ammutolito.
Quando si fu rimesso, era un po'
scoraggiato, ma decise di continuare a provare lo stesso. Sapeva che le
esperienze fatte fino ad allora non erano quello che ci voleva per andare a
finire in un libro, ma, siccome non aveva ancora raggiunto il limite di vita
assegnato ai ragazzini buoni, sperava di potere ancora compiere una qualche
impresa, se fosse riuscito a tenere duro fino alla scadenza del suo termine. Se
poi gli fosse mancato tutto il resto, avrebbe sempre potuto ricorrere al suo
discorso in punto di morte.
Consultò i testi autorevoli e ci
scoprì che ormai era giunto per lui il momento di andare in mare come mozzo.
Andò a trovare il capitano di una nave e fece la sua domanda e, quando il
capitano gli chiese i certificati, tirò fuori con orgoglio un libro premio e indicò
le parole: "A Giacobbe Blivens, il suo affezionato maestro". Ma il
capitano era un uomo rozzo e volgare e disse: - Oh mannaggia al libro! Quello
non dimostrava che lui sapesse lavare i piatti e maneggiare il secchio
dell'acqua sporca e gli sembrava di capire che non aveva bisogno di lui. Questa
fu, decisamente, la cosa più straordinaria che fosse mai successa a Giacobbe in
vita sua. Il complimento di un insegnante su di un libro premio non aveva mai
mancato di risvegliare le più dolci emozioni dei capitani di lungo corso e di
aprire la strada a tutte le cariche onorifiche e redditizie della
professione... mai, in nessuno dei libri che aveva letto. Non poteva credere ai
propri orecchi.
Questo ragazzino ebbe sempre la
vita difficile. Non gli succedeva mai niente che concordasse coi testi
autorevoli. Alla fine, un giorno, mentre era a caccia di ragazzini cattivi da
ammonire, ne trovò un mucchio nella vecchia fonderia, intenti a fare uno
scherzetto a quattordici o quindici cani che avevano legato insieme in lunga
processione e che stavano per ornare con delle latte vuote di nitroglicerina
legate strette alle loro code.
Giacobbe si sentì toccare il
cuore. Si mise a sedere su una delle latte (non badava alle macchie d'unto,
quando si trattava del dovere) e, afferrato il primo cane della fila per il
collare, rivolse lo sguardo carico di rimprovero sul malvagio Tom Jones. Proprio
in quel momento però entrò, pieno d'ira, il segretario comunale, McWelter.
Tutti i ragazzi cattivi scapparono, ma Giacobbe Blivens, conscio della propria
innocenza, si alzò e cominciò uno di quei solenni discorsetti da libro di
scuola domenicale che cominciano: "Oh, signore!", in assoluto disaccordo
col fatto che nessun ragazzo, buono o cattivo che sia, comincia mai
un'osservazione con un: "Oh, signore!". Ma il segretario comunale non
aspettò di sentire il resto. Prese Giacobbe Blivens per un orecchio, gli fece
fare un mezzo giro e gli allungò una sculacciata nella retroguardia; e, in un
attimo, quel ragazzino buono schizzò come un proiettile attraverso il tetto e
volteggiò verso il sole con dietro i frammenti dei quindici cani, tutti in fila
come la coda di un aquilone. E sulla faccia della terra non rimase nessuna
traccia del segretario comunale, né della vecchia fonderia; e quanto al giovane
Giacobbe Blivens, dopo tutte le pene che si era dato per preparare il suo
discorsetto in punto di morte, gli mancò l'occasione per farlo, a meno che lo
facesse agli uccelli; poiché, sebbene il suo busto scendesse giù veramente bene
sulla cima di un albero nella provincia vicina, il resto della sua persona
venne distribuito in diverse proporzioni in quattro dipartimenti diversi, e
così bisognò fare cinque inchieste, per stabilire se era morto o no, e come era
andata. Non si era mai visto un ragazzo tanto sparpagliato - [Questa catastrofe
alla glicerina è presa a prestito dalla cronaca di un foglio volante, del cui autore
farei il nome, se lo sapessi - MT].
In questo modo morì, il ragazzino
buono che fece del suo meglio, ma non ci riuscì, alla maniera dei libri. Tutti
i ragazzini che fecero come lui prosperarono, tutti meno lui. Il suo caso è
veramente degno di nota. Probabilmente non lo si spiegherà mai.
THE STORY OF THE GOOD LITTLE BOY
Once there was a good little boy
by the name of Jacob Blivens. He always obeyed his parents, no matter how
absurd and unreasonable their demands were; and he always learned his book, and
never was late at Sabbath-school. He would not play hookey, even when his sober
judgment told him it was the most profitable thing he could do. None of the
other boys could ever make that boy out, he acted so strangely. He wouldn’t
lie, no matter how convenient it was. He just said it was wrong to lie, and
that was sufficient for him. And he was so honest that he was simply
ridiculous. The curious ways that that Jacob had, surpassed everything. He
wouldn’t play marbles on Sunday, he wouldn’t rob birds’ nests, he wouldn’t give
hot pennies to organ-grinders’ monkeys; he didn’t seem to take any interest in
any kind of rational amusement. So the other boys used to try to reason it out
and come to an understanding of him, but they couldn’t arrive at any
satisfactory conclusion. As I said before, they could only figure out a sort of
vague idea that he was “afflicted,” and so they took him under their
protection, and never allowed any harm to come to him.
This good little boy read all the
Sunday-school books; they were his greatest delight. This was the whole secret
of it. He believed in the good little boys they put in the Sunday-school books;
he had every confidence in them. He longed to come across one of them alive
once; but he never did. They all died before his time, maybe. Whenever he read
about a particularly good one he turned over quickly to the end to see what
became of him, because he wanted to travel thousands of miles and gaze on him;
but it wasn’t any use; that good little boy always died in the last chapter,
and there was a picture of the funeral, with all his relations and the
Sunday-school children standing around the grave in pantaloons that were too
short, and bonnets that were too large, and everybody crying into handkerchiefs
that had as much as a yard and a half of stuff in them. He was always headed
off in this way. He never could see one of those good little boys on account of
his always dying in the last chapter.
Jacob had a noble ambition to be
put in a Sunday school book. He wanted to be put in, with pictures representing
him gloriously declining to lie to his mother, and her weeping for joy about
it; and pictures representing him standing on the doorstep giving a penny to a
poor beggar-woman with six children, and telling her to spend it freely, but
not to be extravagant, because extravagance is a sin; and pictures of him
magnanimously refusing to tell on the bad boy who always lay in wait for him
around the corner as he came from school, and welted him over the head with a
lath, and then chased him home, saying, “Hi! hi!” as he proceeded. That was the
ambition of young Jacob Blivens. He wished to be put in a Sunday-school book.
It made him feel a little uncomfortable sometimes when he reflected that the
good little boys always died. He loved to live, you know, and this was the most
unpleasant feature about being a Sunday-school-book boy. He knew it was not
healthy to be good. He knew it was more fatal than consumption to be so
supernaturally good as the boys in the books were he knew that none of them had
ever been able to stand it long, and it pained him to think that if they put
him in a book he wouldn’t ever see it, or even if they did get the book out
before he died it wouldn’t be popular without any picture of his funeral in the
back part of it. It couldn’t be much of a Sunday-school book that couldn’t tell
about the advice he gave to the community when he was dying. So at last, of
course, he had to make up his mind to do the best he could under the
circumstances—to live right, and hang on as long as he could, and have his
dying speech all ready when his time came.
But somehow nothing ever went
right with the good little boy; nothing ever turned out with him the way it
turned out with the good little boys in the books. They always had a good time,
and the bad boys had the broken legs; but in his case there was a screw loose
somewhere, and it all happened just the other way. When he found Jim Blake
stealing apples, and went under the tree to read to him about the bad little
boy who fell out of a neighbor’s apple tree and broke his arm, Jim fell out of
the tree, too, but he fell on him and broke his arm, and Jim wasn’t hurt at
all. Jacob couldn’t understand that. There wasn’t anything in the books like
it.
And once, when some bad boys
pushed a blind man over in the mud, and Jacob ran to help him up and receive
his blessing, the blind man did not give him any blessing at all, but whacked
him over the head with his stick and said he would like to catch him shoving
him again, and then pretending to help him up. This was not in accordance with
any of the books. Jacob looked them all over to see.
One thing that Jacob wanted to do
was to find a lame dog that hadn’t any place to stay, and was hungry and
persecuted, and bring him home and pet him and have that dog’s imperishable
gratitude. And at last he found one and was happy; and he brought him home and
fed him, but when he was going to pet him the dog flew at him and tore all the
clothes off him except those that were in front, and made a spectacle of him
that was astonishing. He examined authorities, but he could not understand the
matter. It was of the same breed of dogs that was in the books, but it acted
very differently. Whatever this boy did he got into trouble. The very things
the boys in the books got rewarded for turned out to be about the most
unprofitable things he could invest in.
Once, when he was on his way to
Sunday-school, he saw some bad boys starting off pleasuring in a sailboat. He
was filled with consternation, because he knew from his reading that boys who
went sailing on Sunday invariably got drowned. So he ran out on a raft to warn
them, but a log turned with him and slid him into the river. A man got him out
pretty soon, and the doctor pumped the water out of him, and gave him a fresh
start with his bellows, but he caught cold and lay sick abed nine weeks. But
the most unaccountable thing about it was that the bad boys in the boat had a
good time all day, and then reached home alive and well in the most surprising
manner. Jacob Blivens said there was nothing like these things in the books. He
was perfectly dumfounded.
When he got well he was a little
discouraged, but he resolved to keep on trying anyhow. He knew that so far his
experiences wouldn’t do to go in a book, but he hadn’t yet reached the allotted
term of life for good little boys, and he hoped to be able to make a record yet
if he could hold on till his time was fully up. If everything else failed he
had his dying speech to fall back on.
He examined his authorities, and
found that it was now time for him to go to sea as a cabin-boy. He called on a
ship-captain and made his application, and when the captain asked for his
recommendations he proudly drew out a tract and pointed to the word, “To Jacob
Blivens, from his affectionate teacher.” But the captain was a coarse, vulgar
man, and he said, “Oh, that be blowed! that wasn’t any proof that he knew how
to wash dishes or handle a slush-bucket, and he guessed he didn’t want him.”
This was altogether the most extraordinary thing that ever happened to Jacob in
all his life. A compliment from a teacher, on a tract, had never failed to move
the tenderest emotions of ship-captains, and open the way to all offices of
honor and profit in their gift—it never had in any book that ever he had read.
He could hardly believe his senses.
This boy always had a hard time
of it. Nothing ever came out according to the authorities with him. At last,
one day, when he was around hunting up bad little boys to admonish, he found a
lot of them in the old iron-foundry fixing up a little joke on fourteen or
fifteen dogs, which they had tied together in long procession, and were going
to ornament with empty nitroglycerin cans made fast to their tails. Jacob’s
heart was touched. He sat down on one of those cans (for he never minded grease
when duty was before him), and he took hold of the foremost dog by the collar,
and turned his reproving eye upon wicked Tom Jones. But just at that moment
Alderman McWelter, full of wrath, stepped in. All the bad boys ran away, but
Jacob Blivens rose in conscious innocence and began one of those stately little
Sunday-school-book speeches which always commence with “Oh, sir!” in dead opposition
to the fact that no boy, good or bad, ever starts a remark with “Oh, sir.” But
the alderman never waited to hear the rest. He took Jacob Blivens by the ear
and turned him around, and hit him a whack in the rear with the flat of his
hand; and in an instant that good little boy shot out through the roof and
soared away toward the sun, with the fragments of those fifteen dogs stringing
after him like the tail of a kite. And there wasn’t a sign of that alderman or
that old iron-foundry left on the face of the earth; and, as for young Jacob
Blivens, he never got a chance to make his last dying speech after all his
trouble fixing it up, unless he made it to the birds; because, although the
bulk of him came down all right in a tree-top in an adjoining county, the rest
of him was apportioned around among four townships, and so they had to hold
five inquests on him to find out whether he was dead or not, and how it
occurred. You never saw a boy scattered so.—[This glycerin catastrophe is
borrowed from a floating newspaper item, whose author’s name I would give if I
knew it.—M. T.]
Thus perished the good little boy
who did the best he could, but didn’t come out according to the books. Every
boy who ever did as he did prospered except him. His case is truly remarkable.
It will probably never be accounted for.