Il sonetto venne ispirato da una proposta del Consiglio Cisalpino, cioè il governo francese, di abolire la lingua latina. il Foscolo ne è amareggiato, dato che essa, considerata la fonte prima della poesia, faceva dell'Italia la patria dell'arte e rendeva meno grave il peso della dominazione straniera. E se noi, dopo aver dimenticato la grandezza di Roma, guasteremo il nostro toscano con il linguaggio straniero, quello dei francesi, allora avremo perduto completamente ciò che ci fa grandi e i barabari ne saranno orgogliosi.
Se Foscolo fosse vissuto nella nostra epoca, chissà cosa avrebbe detto del nostro italiano attuale, infarcito di anglicismi, anche corretti, che ci vantiamo di usare!
PER LA SENTENZA CAPITALE PROPOSTA
NEL GRAN CONSIGLIO CISALPINO CONTRO LA LINGUA LATINA
Te nudrice alle muse, ospite e
Dea
le barbariche genti che ti han
doma
nomavan tutte; e questo a noi pur
fea
lieve la varia, antiqua, infame
soma.
Ché se i tuoi vizi, e gli anni, e
sorte rea
ti han morto il senno ed il valor
di Roma,
in te viveva il gran dir che
avvolgea
regali allori alla servil tua
chioma.
Or ardi, Italia, al tuo Genio
ancor queste
reliquie estreme di cotanto
impero;
anzi il Toscano tuo parlar
celeste
ognor più stempra nel sermon
straniero,
onde, più che di tua divisa
veste,
sia il vincitor di tua barbarie
altero.
PARAFRASI:
Tutte le genti barbariche chi ti
hanno sottomesso
ti chiamavano [riferito all’Italia] nutrice, patria
e dea delle Muse [cioè delle arti]; e questo ci rendeva
lieve il vario, antico, infame
peso che ci grava [il peso di essere
sottomessi].
Perché se i tuoi vizi, e i tanti
anni e il destino crudele
hanno ucciso in te la saggezza ed
hanno cancellato il valore di Roma,
in te viveva quella grande lingua
[il latino] che avvolgeva
di regali allori la tua chioma or
resa serva.
Adesso, Italia, ardi al tuo Genio
queste
ultime reliquie della tua
grandezza;
anzi corrompi il tuo celeste
parlar Toscano
con il linguaggio straniero,
di modo che, più ancora dell’averti
fatto a pezzi,
il vincitore vada fiero della tua
barbarie [di aver distrutto la tua
cultura].
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