Nel
romanzo “I guardiani della notte” (pubblicato nel 1964) Amado racconta storie
di tanti personaggi diversi di Salvador de Bahia: sono per lo più degli
emarginati, poveri, nullafacenti. Il romanzo è suddiviso in 3 parti: nella
prima si racconta principalmente il matrimonio di Caporal Martim con la bella e
perfida Marialva; nella seconda lo strano battesimo del figlio di Negro Massu;
nella terza l’invasione della collina di Mata Gato, ossia la costruzione
rapidissima di un’intera favela sui terreni di un miliardario ladro.
Da
questa terza parte riporto alcuni capitoli, a cominciare dal primo, in cui
l’autore afferma ironicamente di non voler giudicare nessuno dei personaggi, né
i poveracci che hanno costruito le baracche, né i politici che hanno
strumentalizzato la faccenda, né i poeti che ci hanno composto versi di elogio
a chi ha pagato di più.
La
traduzione è di Elena Grechi, pubblicata da Garzanti nel 1982.
Non li divideremo in eroi e
felloni, chi siamo noi, tipetti da quattro soldi della Rampa del Mercato (1),
per decidere su argomenti di così eminente importanza? La discussione si svolge
sui giornali: la maggioranza e l’opposizione si accusano vicendevolmente e
s’insultano, si autoincensano, ognuna delle due parti interessata a meglio
strumentalizzare a proprio vantaggio l’invasione delle terre del Mata Gato,
oltre Amaralina, dietro Pituba. A quanto ci sembra di capire, c’è stata fin
dall’inizio, e perfino prima che l’invasione avvenisse, una totale e completa
solidarietà con gl’invasori; mai nessuno si è sognato di opporsi a quella brava
gente, mentre alcuni, vedi il deputato Ramos da Cunha dell’opposizione, e il
giornalista Galub, hanno corso seri pericoli per difenderli.
Non incolperemo nessuno: non
siamo un tribunale, e nessuno mai ha tentato di verificare se ci fosse un
responsabile, o più di uno, per la morte di Jesuíno Gallo Pazzo: erano tutti
occupatissimi nelle celebrazioni. Ma neppure ci uniremo al coro degli elogi per
il Governatore e per i deputati, siano essi del governo o dell’opposizione, e
per lo spagnolo proprietario dei terreni, il vecchio Pepe Ottocento, com’era
chiamato il miliardario José Perez, proprietario di una rete di panetterie,
aziende di allevamento di bestiame, miglia e miglia di terreni, per non parlare
degli edifici in affitto. Sì, perché anche lui è stato oggetto di elogi nei
versi del cantastorie Cuica, che l’ha definito uomo generoso, dal cuore di
colomba, capace di sacrificare i suoi interessi per il bene del popolo. Figurarsi…
Una bella mazzetta deve aver ricevuto il poeta, brav’uomo, tutti gli volevano
bene, ma sempre pronto a elogiare o attaccare se appena qualcuno gli mollava
qualche nichel. D’altronde, poveraccio, con quel po’ po’ di famiglia che si
ritrovava e la necessità di guadagnarsi da vivere, col costo della vita che
affretta l’ora della morte, e lui, Cuica che vive solo del suo intelletto.
Scriveva le sue storie in versi – alcune proprio carine – e le impaginava e
stampava lui stesso, disegnava la copertina e usciva a venderle sul Mercato e
sulla banchina, nelle vicinanze dell’Ascensore Lacerda, o in Ãgua dos Meninos,
proclamandone titoli e meriti.
Ha elogiato lo spagnolo Pepe
Ottocento, dimenticando di specificare le ragioni di quel nomignolo – i chili
di ottocento grammi in uso nei negozi e panetterie di quel brav’uomo e base
della di lui fortuna – ha elogiato il Governatore, il Vice, i deputati e
componenti la Giunta in generale, la stampa al completo e, in particolare,
Galub, l’intemerato reporter:
Eroe del Mata Gato
il giornalista Jacó
minacciato d’assalto
d’esser buttato al suol.
Amico fu del popolo
intrepido campion
per dargli casa e pane
Galub, suo amicon.
Ha elogiato tutti, o quasi,
facendosi dare cento da uno duecento dall’altro – voglia il cielo che abbia
spremuto un bel po’ di più dallo spagnolo di Ottocento Grammi – ma è stato il
solo, fra tutti coloro, e sono legione, che hanno dato notizia del fatto, a
parlare di Jesuíno Gallo Pazzo e ricordarne la figura. I giornali e la radio
l’hanno ignorato. Elogi a non finire per il Governatore, il deputato Ramos da
Cunha, i poliziotti, quei bravi ragazzi coraggiosi, il Capo della Polizia la
cui prudenza unita all’intenzione di non cedere, et cetera et cetera… Di
Jesuíno non una sola parola. Solo Cuica, nella sua storia in versi L’invasione dei terreni del Mata Gato dove
il popolo ha tirato su un quartiere in 48 ore, ebbe un verso per lui, e un
bel verso. Perché Cuica, pur distorcendo la verità, conosceva i fatti, così
come erano avvenuti, senza fronzoli né abbellimenti posteriori. Poveraccio,
aveva bisogno di soldi, la verità se la vendeva.
Non saremo noi a criticarlo,
perché dovremmo? Era un poeta popolare del Mercato, con i suoi versi zoppi,
dalla rima povera, poverissima a volte, con certe sue invenzioni di autentica
poesia di tanto in tanto per compensare. Cambiava di concetto e preconcetto nei
suoi versi, a seconda della parte da cui gli arrivavano i soldini. Ma non si
comportano forse così, in questi paraggi e là fuorivia, grandi poeti che hanno
il nome sui giornali e statue ai giardini? Non si adeguano forse agl’interessi
del potere, per qui e per là, non scrivono così o cosà a seconda di come gli
chiedono, comandano e ordinano? A seconda di come li pagano, a seconda di chi
meglio li paga: questa è la verità, e ora la diciamo in tutte lettere. Non
cambiano essi forse di scuola, di tendenza, di etichetta, di opinione, per lo
stesso denaro che cambia i concetti del Cuica? Denaro, potere o lusso,
importanza, premi, nome sui giornali e discorsi d’elogio, che differenza fa?
Non accusiamo nessuno, non è per questo che siamo qui, ma per raccontare la
storia dell’invasione della collina del Mata Gato, poiché detta storia ha un
lato divertente e uno triste, come ogni storia degna di essere narrata. Non
intendiamo tirar l’acqua al mulino di nessuno, solo che eravamo presenti, e
perciò sappiamo ogni cosa.
Avvenne in quell’occasione la
relazione – ma sarà poi stata una relazione davvero? – di Caporal Martim con
Otália, e la lacrimosa passione di Curió per Madame Beatriz, la celebre
fachiressa indù (nata a Niterói) (2) ed era di tali amori che intendevamo
parlare. Ci arrangeremo quindi per intessere su una stessa trama i fatti
romantici e quelli eroici, quelli relativi alle passioni del caporale e del
pubblicitario (3), con quelli attinenti all’invasione dei terreni già di
proprietà del commendator José Perez, illustre baluardo della colonia spagnola,
benemerito della Chiesa, uomo influente in diversi ambienti della vita baiana,
cittadino cospicuo. Vogliate perdonarci se qui si mostrano, mischiati, il
Governatore e Tibéria, proprietaria di una pensioncina a buon mercato per
donnine allegre, i deputati e i vagabondi, solenni politici e gai monelli, i
banditi minorenni dell’arenile, il deputato Ramos da Cunha e Colpo-di-Vento, il
giornalista Galub e Caporal Martim, promosso anzi in quell’occasione a Sergente
Porciúncula (4). Non ci posso far niente: mischiati erano, e mischiati
rimangono: i poveri e i ricchi, i liberi e i solenni, il popolo e quelli che i
giornali descrivono come amici-del-popolo. Ma, ripeto, non intendiamo mettere
sotto accusa nessuno.
Non metteremo sotto accusa
nessuno, anche perché a nessuno è venuto in mente di verificare se ci fosse un
responsabile da castigare per la morte di Jesuíno Gallo Pazzo, tutti erano
estremamente occupati nelle celebrazioni. Dicono che il Governatore, anima
sensibile, abbia pianto di commozione nell’abbracciare il deputato Ramos da
Cunha, suo avversario politico autore del progetto di esproprio dei terreni. Ma
sorrideva quando sul balcone si mostrò per accogliere l’applauso della folla
riunita sulla Piazza.
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(1) Si intuisce facilmente che
questo e gli altri nomi che compaiono più sotto sono tutti quartieri o zone
della città di Salvador de Bahia, oggi ufficialmente chiamata soltanto
Salvador.
(2) Niterói = città brasiliana
nello Stato di Rio de Janeiro. La fachiressa, pertanto, non è affatto indù.
(3) Si tratta del sopraccitato
Curió: il suo mestiere consiste nell’invitare i passanti ad entrare in un
negozio di un arabo, per approfittare di sconti eccezionali.
(4) Caporal Martim, protagonista
della prima parte del romanzo, è costretto a fuggire da Bahia e a cambiar nome,
in quanto ricercato dalla polizia.
Favela a Salvador de Bahia
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