venerdì 23 giugno 2017

75 Undici favole con protagonista una volpe (di Esopo)




LA VOLPE DAL VENTRE GONFIO

Una volpe affamata scorse nella cavità di una quercia dei pezzi di pane e di carne lasciati da alcuni pastori e, dopo essersi insinuata in quel pertugio, se li mangiò. Ma poi si mise a piangere e a lamentarsi, perché il gonfiore del ventre le impediva di uscire. Un’altra volpe che passava in quei paraggi, udendo i suoi gemiti si avvicinò e gliene chiese la ragione. E, una volta appreso l’accaduto: «Resta lì finché avrai ripreso le stesse dimensioni che avevi quando sei entrata» le suggerì, «così verrai fuori facilmente».
La favola dimostra che il tempo dissolve le difficoltà.

LA VOLPE E IL ROVO

Mentre saltava una siepe, una volpe scivolò e, sul punto di cadere, cercò di sostenersi aggrappandosi a un rovo. Ma per colpa delle sue spine si ritrovò le zampe insanguinate e, tutta dolorante, gli disse: «Ahimè! io ho cercato aiuto presso di te e tu mi hai trattato tanto male!». «Ma sei tu che hai sbagliato, cara mia» replicò il rovo, «a volerti aggrappare proprio a me, che sono abituato ad aggrapparmi a tutto».
La favola dimostra che così anche tra gli uomini sono stolti quanti chiedono soccorso a chi di natura è piuttosto incline a nuocere.

LA VOLPE E L’UVA

Una volpe affamata scorse alcuni grappoli d’uva che pendevano da una vite e volle afferrarli. Ma non riuscì a raggiungerli e, mentre si allontanava, commentò tra sé. “Non sono mica maturi!”.
Così anche tra gli uomini alcuni, se per la loro incapacità non possono arrivare alla meta, ne danno la colpa alle circostanze.

LA VOLPE E IL SERPENTE

Una volpe vide un serpente addormentato: piena di invidia per la lunghezza del suo corpo, si coricò accanto a lui con l’intento di eguagliarlo e cercò di tendersi, finché, per la violenza eccessiva dei suoi sforzi, senza neanche rendersene conto si squartò.
Questo tocca a quanti si mettono in competizione con chi è loro superiore: soccombono prima di riuscire a emularlo.

LA VOLPE E IL TAGLIALEGNA

Una volpe, che fuggiva inseguita dai cacciatori, come vide un taglialegna lo supplicò di nasconderla e l’uomo le consigliò di andare a rintanarsi nella sua capanna. Quando dopo breve tempo sopraggiunsero i cacciatori e gli chiesero se avesse notato una volpe passare di là, il taglialegna a parole rispose di non averla vista, ma a cenni indicò loro dove era nascosta. Quelli però non fecero caso ai suoi gesti e credettero piuttosto a ciò che diceva. Non appena li vide allontanarsi, la volpe balzò fuori dal suo nascondiglio e, senza dire nulla, si mosse per andarsene. Il taglialegna allora incominciò a rimproverarla, perché dopo essersi salvata per merito suo, non gli aveva rivolto neanche una parola di ringraziamento. «Ti avrei mostrato la mia gratitudine» replicò la volpe «se i cenni della tua mano e il tuo atteggiamento fossero stati conformi a quel che dicevi».
Questa favola potrebbe essere indirizzata a coloro che fanno nobili promesse a parole, ma in concreto si comportano male.

LA VOLPE E IL COCCODRILLO

Una volpe e un coccodrillo discutevano sulla loro nobiltà. Il coccodrillo, dopo aver parlato a lungo della grandezza dei propri antenati, affermò infine che proveniva da una famiglia di ginnasiarchi (1). «Ma anche se tu non lo dicessi» osservò la volpe «lo rivelerebbe la tua pelle che da molti anni fai esercizi di ginnastica!» (2)
Così anche tra gli uomini, i bugiardi vengono smascherati dai fatti.

LA VOLPE E LA PANTERA

Una volpe e una pantera si contendevano la palma della bellezza. Siccome la pantera continuava a magnificare la flessuosità delle proprie membra, la volpe prese la parola ed esclamò: «Quanto sono più bella di te, io che ho agile non il corpo, ma la mente!».
La favola dimostra che le doti dell’ingegno sono superiori alla bellezza fisica.

LA VOLPE E IL CAPRONE

Una volpe cadde in un pozzo e vi restò per forza bloccata. Allo stesso pozzo giunse un caprone assetato che, accortosi di lei, le chiese se l’acqua fosse buona. La volpe, tutta lieta dell’occasione propizia, si fece in quattro per elogiare quell’acqua, affermando che era eccellente, e gli consigliò di scendere. Il caprone, spinto dall’arsura, senza pensarci troppo si calò nel pozzo e, mentre si dissetava, prese a considerare assieme alla volpe il modo per risalire. «So che cosa si deve fare, solo che tu voglia che ci salviamo entrambi» sentenziò la volpe. «Sii tanto gentile da appoggiare al muro le zampe anteriori e da tenere alte le corna, così io potrò salire e tirerò fuori te». Il caprone obbedì prontamente all’invito della sua compagna, la quale si arrampicò sulle zampe, sulle spalle e sulle corna di lui e si ritrovò alla bocca del pozzo. Quindi balzò fuori e fece per andarsene, ma il caprone si mise a rimproverarla di aver trasgredito i patti. Allora la volpe si voltò e gli disse: «Caro mio, si tu avessi tanto sale in zucca quanti sono i peli della tua barba, non saresti sceso prima di aver valutato la via per risalire».
Così anche gli uomini assennati, prima di intraprendere un’azione, devono considerare quale potrebbe esserne l’epilogo.

LA VOLPE SENZA CODA

Una volpe aveva avuto la coda mozzata da una tagliola e riteneva che, per la vergogna, la sua vita fosse intollerabile. Comprese perciò che bisognava mettere anche le altre volpi nella stessa situazione, in modo che il suo difetto particolare scomparisse nella generale disgrazia. Dunque le riunì tutte e le esortò a tagliarsi la coda, perché – diceva – non solo era brutta, ma pendeva per di più dal loro corpo come un peso superfluo. Allora prese la parola un’altra volpe e disse: «Ma se ciò non tornasse utile a te, cara mia, non ce lo consiglieresti di certo!».
Questa favola è adatta per quanti elargiscono consigli agli altri non per affetto verso di loro, ma per il proprio interesse.

LA VOLPE CHE NON AVEVA MAI VISTO UN LEONE

Una volpe, che non aveva mai visto un leone, quando per caso ne incontrò uno, al primo sguardo restò così profondamente turbata che per poco non morì. Imbattutasi in lui una seconda volta, ne fu spaventata, ma non tanto come la prima. E quando lo vide per la terza volta fu così audace da avvicinarglisi addirittura per scambiare qualche parola con lui.
La favola dimostra che l’abitudine ridimensiona anche ciò che incute spavento.

LA VOLPE E LA MASCHERA

Una volpe si introdusse nella casa di un attore e incominciò a frugare tra i suoi abiti di scena, passandoli in rassegna a uno a uno. Così trovò anche una maschera (3) artisticamente modellata e, presala tra le zampe, esclamò: «Oh, che magnifica testa! E pensare che non ha cervello!».
La favola è per gli uomini che sono bellissimi fisicamente, ma d’intelletto corto.

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(1) La “gimnasiarchia” era una delle tante liturgie attraverso le quali i cittadini ricchi di Atene erano chiamati a contribuire alle più importanti attività pubbliche. In particolare i ginnasiarchi venivano eletti a sostenete le spese per l’allestimento di certe feste, dalle quali traevano motivo di grande onore.
(2) La battuta della volpe gioca sul duplice significato del termine “gimnasiarcos”, che significa sia “ginnasiarca” sia “soprintendente di un ginnasio”, ossia di una palestra.
(3) Sulla scena gli attori portavano sempre una maschera a tutto viso. Di chiara derivazione rituale, legata alla sfera dionisiaca, essa aveva il potere di trasformare colui che la indossava in un altro, di mutare l’identità dell’attore in quella del personaggio da lui incarnato. Ecco la ragione dell’importanza della maschera nell’abbigliamento degli attori, al di là delle sue possibili funzioni pratiche di amplificare la voce e dare rilievo alle fisionomie, per consentire al pubblico di riconoscere da lontano i personaggi.




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