venerdì 30 giugno 2017

77 Sei favole con protagonista un cervo (di Esopo)



IL CERVO ALLA FONTE E IL LEONE

Un cervo assetato giunse a una sorgente e, mentre beveva, scorse la propria immagine riflessa sull’acqua: delle corna si inorgoglì, perché le vide ampie e ramificate, ma si rammaricò profondamente delle zampe, che apparivano esili e gracili. Stava ancora facendo queste considerazioni, quando saltò fuori un leone, che si mise a dargli la caccia. Il cervo scappò e riuscì a distanziare l’inseguitore di un bel tratto: la forza dei cervi, infatti, è tutta nelle zampe, quella dei leoni, invece, nel cuore. Finché la pianura si allargava sgombra di alberi, il fuggitivo mantenne il vantaggio conquistato con la sua velocissima corsa e si salvò; ma, quando si infilò nel bosco, le sue corna s’impigliarono nei rami e gli impedirono di correre. Così andò a finire che il cervo cadde nelle grinfie del leone. «Povero me!» si disse, ormai in punto di morte. «Chi avrebbe dovuto tradirmi mi offriva una via di scampo, mentre ciò in cui avevo riposto cieca fiducia mi rovina».
Così spesso, nel momento del pericolo, gli amici di cui si dubitava salvano e tradiscono invece quelli più fidati.

IL CERVO E LA VIGNA

Un cervo braccato dai cacciatori si nascose fra i tralci di una vigna. Quando vide che gli inseguitori erano passati poco oltre il suo nascondiglio, si credette ormai completamente al sicuro e incominciò a mangiare le foglie della vite. Ma i cacciatori, appena sentirono le fronde agitarsi, si volsero e, immaginando – come appunto era – che in mezzo alla vigna si tenesse nascosto qualche animale, trafissero il cervo con le loro frecce. «Ben mi sta» sospirò quello morendo, «perché non dovevo maltrattare chi mi aveva salvato».
La favola dimostra che quanti fanno del male ai loro benefattori vengono puniti dagli dei.

IL CERVO E IL LEONE IN UNA GROTTA

Un cervo inseguito dai cacciatori giunse a una grotta in cui si trovava un leone e vi entrò per nascondersi, ma cadde subito nelle grinfie della belva. «Povero me!» esclamò, mentre il leone lo sbranava. «Per sfuggire agli uomini mi sono buttato tra gli artigli di una fiera».
Così qualche volta, per paura di un pericolo minore, ci si getta in uno più grave.

IL CERVO CIECO DA UN OCCHIO

Un cervo cieco da un occhio, recatosi sulla spiaggia, si mise a brucare, tenendo l’occhio sano rivolto verso terra, per controllare se sopraggiungessero dei cacciatori, e quello mutilato invece verso il mare, dato che di là non si aspettava venisse alcun pericolo. Ma dei marinai che navigavano lungo quella costa lo scorsero e lo trafissero. «Come sono disgraziato!» sospirò tra sé il cervo, morente. «Stavo in guardia dalla terraferma, perché da questa mi attendevo chissà quali insidie, ed è stato per me ben più dannoso il mare, presso il quale avevo cercato rifugio».
Così spesso, contro ogni nostra aspettativa, quello che sembra insidioso si rivela utile, mentre ciò che viene considerato salutare risulta pericoloso.

IL LEONE, LA VOLPE E IL CERVO

Il leone giaceva ammalato in un caverna. «Se vuoi che io guarisca e sopravviva» disse alla sua amica volpe, con la quale aveva un rapporto di familiarità, «inganna con le tue parole suadenti quel grande cervo che abita nella foresta e portamelo qui tra le zampe, perché muoio dalla voglia di divorare le sue viscere e il suo cuore». La volpe si mise in cammino e, quando trovò il cervo che saltava nel bosco, con aria affabile lo salutò e gli disse: «Sono venuta a portarti una buona notizia. Sai che il nostro re, il leone, è mio vicino di casa. Ora è malato e prossimo alla morte. Perciò si è messo a valutare quale degli animali dovrà regnare dopo di lui e ha considerato che il cinghiale è stupido, l’orso ottuso, la pantera irascibile, la tigre fanfarona. Il più degno di diventare re, dunque, è il cervo, perché è imponente d’aspetto, vive a lungo e ha un paio di corna che incutono paura ai serpenti. Ma perché dilungarmi oltre? Insomma, sei stato scelto come sovrano. Che cosa mi darai, visto che te l’ho riferito per prima? Su, dimmelo in fretta, perché ho paura che il leone mi cerchi di nuovo: per ogni cosa infatti ha bisogno dei miei consigli. Anzi, se vuoi dar retta a me, che sono vecchia, ti suggerisco di venire anche tu e di restare accanto a lui finché non muore». Così disse la volpe e a quelle parole il cervo si montò la testa al punto che si recò alla caverna senza intuire ciò che lo aspettava. Il leone fu lesto a balzargli addosso, ma con i suoi unghioni riuscì a graffiargli soltanto le orecchie, perché l’animale scappò via nel bosco a rotta di collo. La volpe batté le zampe, visto che si era affannata per niente. Il leone invece, tormentato dalla fame e dal dolore, gemette con alti ruggiti e si mise a supplicarla di fare un secondo tentativo e di escogitare qualche stratagemma per ricondurre il cervo da lui. «Tu mi assegni un compito arduo e spiacevole» disse la volpe, «Tuttavia ti renderò questo favore». E via, come un segugio, sulle tracce del cervo, meditando scelleratezze. Ad alcuni pastori chiese se avessero visto un cervo sanguinante e costoro glielo indicarono nel bosco. Lo trovò dunque che si rinfrescava e gli si piantò davanti sfacciatamente. «Lurida bestia» esclamò il cervo, rabbioso e con il pelo ritto, «non mi avrai più. Se fai un passo verso di me, sei morta. Va’ a ingannare altri, che non ti conoscono, con i tuoi raggiri da volpe! Vai da altri per farli re e metterli in eccitazione!» E quella: «Sei tanto vile e pauroso? Fino a questo punto sospetti di noi, tuoi amici? Prima di morire, il leone voleva prenderti per le orecchie per darti consigli e istruzioni circa il tuo importantissimo ruolo di sovrano. Ma tu non hai sopportato neppure il graffio della zampa di un malato. E ora lui è più indignato di te e vuole scegliere come re il lupo. Un malvagio signore, ahimè! Su, vieni, non spaventarti e sii mansueto come un agnello. Perché ti giuro per tutte le foglie e le fonti che il leone non ti farà alcun male. E io voglio servire te solo». Così ingannò quello sventurato e lo convinse a recarsi dal leone una seconda volta. Quando il cervo fu entrato nella caverna, la belva ebbe il suo pranzo e poté succhiare fino all’ultimo ossa, midolla e viscere della sua vittima. Ma la volpe, rimasta a guardare, rubò di nascosto il cuore, che era caduto, e se lo mangiò come ricompensa per le sue fatiche. E mentre il leone passava in rassegna tutte le membra alla ricerca di quello soltanto, la volpe tenendosi a distanza gli disse: «Davvero costui non aveva cuore. Non stare più a cercarlo: che cuore poteva avere uno che per due volte si è infilato nella tana di un leone, e proprio tra le su grinfie?».
L’avidità di onori offusca la mente umana e impedisce di scorgere le situazioni di pericolo.

IL LEONE FURIOSO E IL CERVO

Il leone era infuriato e il cervo, che dalla foresta lo aveva visto: «Ahimè!» sospirò, «poveri noi! Che cosa non farà costui adesso che è furioso, se anche quando aveva la testa a posto non riuscivamo a sopportarlo?».
Tutti evitino gli uomini violenti e abituati a fare il male, quando prendono il potere e governano.






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