Un'altra
azione partigiana tra quelle raccontate da Giovanni Pesce nel suo libro “Senza
tregua” del 1967.
Il ritrovo tedesco di Via Paleocapa è un
ottimo bersaglio. È qui che i tedeschi si riuniscono per concedersi un po’ di
relax dopo le torture e i rastrellamenti. Gli aguzzini di via Asti (1) si
mescolano alle SS, esempio di ferocia ai fascisti repubblichini. Dopo le
atrocità, baldoria. E quasi ogni sera in via Paleocapa c’è baldoria. A malapena
si osservano le regole dell’oscuramento (2); dall’interno, specie a tarda ora,
scoppiano rauchi cori di ubriachi e risa femminili. Sentinelle vigilano
costantemente. Il ritrovo è circondato da una rete di uomini che passeggiano
ininterrottamente sotto i portici.
Il piano va elaborato attentamente.
Effettuo varie visite attorno al ritrovo, percorro passo passo il nostro futuro
itinerario. Più ci penso e più questa impresa assomiglia a un viaggio senza
ritorno. La zona è al centro di un nucleo di case abitate da molti ufficiali
tedeschi e fascisti. La fuga non sarà facile e neppure l’accostamento. Gruppi
di sentinelle (precauzione recente) pattugliano il ritrovo. Ogni pattuglia
segue l’altra a pochi secondi di distanza, un cerchio continuo.
Nella mia casa in via Pinetti traccio su
un foglio di carta la pianta dell’edificio ricostruendo con precisione la zona
del nostro prossimo attacco. Mentre sto riflettendo bussano alla porta: è una staffetta
(3), Ines. Apro dopo aver spento la luce e aver controllato la pistola. Ines
annuncia che hanno arrestato altri operai alla FIAT Mirafiori e che li deporteranno
in Germania. Si metterà a nostra disposizione con un’altra partigiana.
Mentre mi parla continuo macchinalmente a
tracciare cerchi. A un tratto mi avvedo che la linea urta contro un angolo dell’edificio.
È un particolare da nulla ma serve a ricordarmi che quel vecchio fabbricato ha
ben sette spigoli. Non può esserci un cerchio attorno. Il percorso delle pattuglie
dovrà essere per forza spezzato. Anche le vie e le case che circondano il ritrovo
tedesco di via Paleocapa sono infatti spigolose, irregolari. L’idea ossessiva
del cerchio che protegge il bersaglio cade di colpo. La vigilanza è continua, ma
evidentemente non può essere, come sembrava a tutta prima, ininterrotta. Ad
ogni spigolo ognuna delle pattuglie di guardia perderà di vista l’altra, anche
se per pochi secondi. È come se al posto del cerchio ci fossero dei segmenti
allineati. Tra un segmento e l’altro dovrà inserirsi il nostro attacco.
Convoco Ines e Nuccia assieme a Mario. Non
dobbiamo essere in molti in questa azione. Le ragazze porteranno le bombe alla
base; noi le aspetteremo. Sono due brave ragazze Nuccia ed Ines. Si vede
chiaramente che hanno paura, ma una paura composta, controllata. La base è una
casa sinistrata. Tra le macerie non verremo facilmente notati. Ad ogni modo
sarà facile sgombrare il campo in caso di cattive sorprese. Per precauzione
cospirativa non ho detto a Nuccia e ad Ines e neppure a Mario che verranno con
me altri due gappisti (4). Li ho già convocati e informati. Arriveranno alla
base poco prima dell’azione.
Alle 19,15 puntualissime e con aria
disinvolta, arrivano Nuccia e Ines. Il nostro potrebbe sembrare un appuntamento
amoroso. In realtà se ne vanno subito lasciando le loro borse cariche di
esplosivo. Nessuno ci nota. Raggiungo i due gappisti in una specie di tana dove
sono riusciti a nascondersi. Nessuno ci può vedere, ma noi da una fessura
possiamo scorgere Mario che fa da "palo." Controlla il movimento
delle pattuglie e ci darà il segnale per l’azione accendendo un fiammifero.
Sono di nuovo inquieto. Le pattuglie si spostano troppo rapidamente. Camminano
troppo in fretta. Il pattugliamento mi fa pensare di nuovo al cerchio. La
velocità con cui procedono scompiglia tutti i miei progetti. Non tracciano più
una serie di segmenti attorno ad un edificio, ma qualcosa che si avvicina a una
linea ininterrotta. Mario accende il fiammifero. Mi sembra impossibile che dia
il segnale di via libera in quelle condizioni. Ma ormai non si può tornare indietro.
Dobbiamo muoverci perché ora Mario si sposterà dall’altro lato per proteggere
la nostra fuga. Perdo in queste riflessioni almeno due preziosi secondi. Ho la
testa in fiamme: temo di non riuscire a controllare i miei atti.
Spero solo che Mario non abbia commesso un
colossale errore. I gappisti, al mio cenno si alzano. Abbiamo tutto il nostro esplosivo
a portata di mano. La pattuglia si avvia a girare l’angolo. Ci sono almeno
duecento metri tra noi e il ritrovo tedesco. È chiaro che le micce sono troppo
lunghe se le accendiamo all’ultimo momento. La pattuglia che sopraggiungerà
noterà il bagliore rosso e darà l’allarme; saremo sorpresi e probabilmente
l’attentato non avrà alcun risultato. Accendiamo perciò le micce prima di muoverci.
Il lieve anticipo di Mario è stato provvidenziale e saggiamente calcolato.
«Di corsa», dico, «corriamo divisi verso
il palazzo». Loro dove la pattuglia è appena sparita, io dall’altra parte,
incontro alla nuova. Mario mi fa cenno che sta per sopraggiungere. Gli altri
hanno già collocato i loro ordigni, io sono a pochi passi dall’obiettivo. Dall’interno
giungono distintamente voci eccitate, canti gutturali e musichette di moda. Si
divertono. Colloco la mia bomba nel vano di una finestra, in modo che la miccia
resti celata. Ormai deve mancare pochissimo all’esplosione. Mi allontano di
corsa, mentre la pattuglia si affaccia sulla piazza dove è l’ingresso del
ritrovo. Vedo Mario fuggire e noto che gli altri due gappisti sono già spariti,
un attimo ancora e un triplice boato rompe il silenzio. Lo spostamento d’aria
manda in frantumi i vetri delle finestre tutt’attorno, mentre dal palazzo si
leva una immensa fiammata. Il colpo mi ha un po' stordito ma riprendo la fuga,
senza correre troppo. Sarebbe pericoloso. Nel buio risuona il crepitare di
qualche arma automatica. Sparano. Probabilmente pensano ad un attacco
massiccio. Rientro alla mia base; anche gli altri tornano sani e salvi.
Il giorno dopo i giornali fascisti
annunciano che l’attentato ha provocato la perdita di "nove valorosi
camerati tedeschi" e che una taglia di un milione è posta sul capo degli
autori.
Valgo già parecchi milioni.
(1) In via Asti a Torino sorgeva una
caserma dove l’Ufficio Politico Investigativo (UPI) fascista torturava i
prigionieri politici con orribili sevizie
(2) Durante la Seconda guerra mondiale era
obbligatorio di notte oscurare qualsiasi luce esterna per evitare agli aerei
alleati di scorgere possibili obiettivi da bombardare
(3) La staffetta partigiana era una
persona che si occupava di portare ordini, lettere, o informazioni a qualche
membro della Resistenza
(4) Gappista = membro dei gruppi
partigiani denominati GAP (Gruppi di Azione Patriottica)
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