L’Orlando furioso inizia, come da
consuetudine epica risalente ad Omero, con la proposizione del tema (ossia la
breve descrizione dell’argomento del poema), intrecciata all’invocazione
(solitamente alla Musa, qui invece alla sua donna, quell’Alessandra Benucci,
che l’Ariosto poté sposare e solo in segreto quando rimase vedova) e alla
dedica (al cardinale Ippolito d’Este, uomo rozzo e per niente incline a
riconoscere le capacità poetiche del suo «segretario»). Quindi, dopo aver
riassunto in 5 ottave l’antefatto del suo poema (le avventure narrate dal
Boiardo nell’Orlando innamorato), passa subito a far agire i suoi personaggi.
Trovi di seguito il testo ariostesco,
quindi una parafrasi in prosa.
1
Le
donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le
cortesie, l’audaci imprese io canto,
che
furo al tempo che passaro i Mori
d’Africa
il mare, e in Francia nocquer tanto,
seguendo
l’ire e i giovenil furori
d’Agramante
lor re, che si diè vanto
di
vendicar la morte di Troiano
sopra
re Carlo imperator romano.
2
Dirò
d'Orlando in un medesmo tratto
cosa
non detta in prosa mai, né in rima:
che
per amor venne in furore e matto,
d’uom
che sì saggio era stimato prima;
se
da colei che tal quasi m’ha fatto,
che
‘l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me
ne sarà però tanto concesso,
che
mi basti a finir quanto ho promesso.
3
Piacciavi,
generosa Erculea prole,
ornamento
e splendor del secol nostro,
Ippolito,
aggradir questo che vuole
e
darvi sol può l’umil servo vostro.
Quel
ch’io vi debbo, posso di parole
pagare
in parte e d’opera d’inchiostro;
né
che poco io vi dia da imputar sono,
che
quanto io posso dar, tutto vi dono.
4
Voi
sentirete fra i più degni eroi,
che
nominar con laude m’apparecchio,
ricordar
quel Ruggier, che fu di voi
e
de’ vostri avi illustri il ceppo vecchio.
L’alto
valore e’ chiari gesti suoi
vi
farò udir, se voi mi date orecchio,
e
vostri alti pensier cedino un poco,
sì
che tra lor miei versi abbiano loco.
5
Orlando,
che gran tempo innamorato
fu
de la bella Angelica, e per lei
in
India, in Media, in Tartaria lasciato
avea
infiniti ed immortal trofei,
in
Ponente con essa era tornato,
dove
sotto i gran monti Pirenei
con
la gente di Francia e de Lamagna
re
Carlo era attendato alla campagna,
6
per
far al re Marsilio e al re Agramante
battersi
ancor del folle ardir la guancia,
d’aver
condotto, l’un, d’Africa quante
genti
erano atte a portar spada e lancia;
l’altro,
d’aver spinta la Spagna inante
a
destruzion del bel regno di Francia.
E
così Orlando arrivò quivi a punto:
ma
tosto si pentì d’esservi giunto;
7
che
vi fu tolta la sua donna poi:
ecco
il giudicio uman come spesso erra!
Quella
che dagli esperi ai liti eoi
avea
difesa con sì lunga guerra,
or
tolta gli è fra tanti amici suoi,
senza
spada adoprar, ne la sua terra.
Il
savio imperator, ch’estinguer volse
un
grave incendio, fu che gli la tolse.
8
Nata
pochi dì inanzi era una gara
tra
il conte Orlando e il suo cugin Rinaldo,
che
entrambi avean per la bellezza rara
d’amoroso
disio l’animo caldo.
Carlo,
che non avea tal lite cara,
che
gli rendea l’aiuto lor men saldo,
questa
donzella, che la causa n’era,
tolse,
e diè in mano al duca di Bavera;
9
in
premio promettendola a quel d’essi,
ch’in
quel conflitto, in quella gran giornata,
degl’infideli
più copia uccidessi,
e
di sua man prestassi opra più grata.
Contrari
ai voti poi furo i successi;
ch’in
fuga andò la gente battezzata,
e
con molti altri fu ‘l duca prigione,
e
restò abbandonato il padiglione.
10
Dove,
poi che rimase la donzella
Ch’esser
dovea del vincitor mercede,
inanzi
al caso era salita in sella,
e
quando bisognò le spalle diede,
presaga
che quel giorno esser rubella
dovea
Fortuna alla cristiana fede:
entrò
in un bosco, e ne la stretta via
rincontrò
un cavallier ch’a piè venìa.
11
Indosso
la corazza, l’elmo in testa,
la
spada al fianco, e in braccio avea lo scudo;
e
più leggier correa per la foresta,
ch’al
pallio rosso il villan mezzo ignudo.
Timida
pastorella mai sì presta
non
volse piede inanzi a serpe crudo,
come
Angelica tosto il freno torse,
che
del guerrier, ch’a piè venìa, s’accorse.
12
Era
costui quel paladin gagliardo,
figliuol
d’Amon, signor di Montalbano,
a
cui pur dianzi il suo destrier Baiardo
per
strano caso uscito era di mano.
Come
alla donna egli drizzò lo sguardo,
riconobbe,
quantunque di lontano,
l’angelico
sembiante e quel bel volto
ch’all’amorose
reti il tenea involto.
13
La
donna il palafreno a dietro volta,
e
per la selva a tutta briglia il caccia;
né
per la rara più che per la folta,
la
più sicura e miglior via procaccia:
ma
pallida, tremando, e di sé tolta,
lascia
cura al destrier che la via faccia.
Di
sù di giù, ne l’alta selva fiera
tanto
girò, che venne a una riviera.
14
Su
la riviera Ferraù trovosse
di
sudor pieno e tutto polveroso.
Da
la battaglia dianzi lo rimosse
un
gran disio di bere e di riposo;
e
poi, mal grado suo, quivi fermosse,
perché,
de l’acqua ingordo e frettoloso,
l’elmo
nel fiume si lasciò cadere,
né
l’avea potuto anco riavere.
15
Quanto
potea più forte, ne veniva
gridando
la donzella ispaventata.
A
quella voce salta in su la riva
il
Saracino, e nel viso la guata;
e
la conosce subito ch’arriva,
ben
che di timor pallida e turbata,
e
sien più dì che non n’udì novella,
che
senza dubbio ell’è Angelica bella.
16
E
perché era cortese, e n’avea forse
non
men de’ dui cugini il petto caldo,
l’aiuto
che potea tutto le porse,
pur
come avesse l’elmo, ardito e baldo:
trasse
la spada, e minacciando corse
dove
poco di lui temea Rinaldo.
Più
volte s’eran già non pur veduti,
m’al
paragon de l’arme conosciuti.
17
Cominciar
quivi una crudel battaglia,
come
a piè si trovar, coi brandi ignudi:
non
che le piastre e la minuta maglia,
ma
ai colpi lor non reggerian gl’incudi.
Or,
mentre l’un con l’altro si travaglia,
bisogna
al palafren che ‘l passo studi;
che
quanto può menar de le calcagna,
colei
lo caccia al bosco e alla campagna.
18
Poi
che s’affaticar gran pezzo invano
i
dui guerrier per por l’un l’altro sotto,
quando
non meno era con l’arme in mano
questo
di quel, né quel di questo dotto;
fu
primiero il signor di Montalbano,
ch’al
cavallier di Spagna fece motto,
sì
come quel ch’ha nel cuor tanto fuoco,
che
tutto n’arde e non ritrova loco.
19
Disse
al pagan: - Me sol creduto avrai,
e
pur avrai te meco ancora offeso:
se
questo avvien perché i fulgenti rai
del
nuovo sol t’abbino il petto acceso,
di
farmi qui tardar che guadagno hai?
che
quando ancor tu m’abbi morto o preso,
non
però tua la bella donna fia;
che,
mentre noi tardiam, se ne va via.
20
Quanto
fia meglio, amandola tu ancora,
che
tu le venga a traversar la strada,
a
ritenerla e farle far dimora,
prima
che più lontana se ne vada!
Come
l’avremo in potestate, allora
di
chi esser de’ si provi con la spada:
non
so altrimenti, dopo un lungo affanno,
che
possa riuscirci altro che danno. –
21
Al
pagan la proposta non dispiacque:
così
fu differita la tenzone;
e
tal tregua tra lor subito nacque,
sì
l’odio e l’ira va in oblivione,
che
‘l pagano al partir da le fresche acque
non
lasciò a piedi il buon figliuol d’Amone:
con
preghi invita, ed al fin toglie in groppa,
e
per l’orme d’Angelica galoppa.
22
Oh
gran bontà de’ cavallieri antiqui!
Eran
rivali, eran di fé diversi,
e
si sentian degli aspri colpi iniqui
per
tutta la persona anco dolersi;
e
pur per selve oscure e calli obliqui
insieme
van senza sospetto aversi.
Da
quattro sproni il destrier punto arriva
ove
una strada in due si dipartiva.
23
E
come quei che non sapean se l’una
o
l’altra via facesse la donzella
(però
che senza differenza alcuna
apparia
in amendue l’orma novella),
si
messero ad arbitrio di fortuna,
Rinaldo
a questa, il Saracino a quella.
PARAFRASI:
1
Io
canto le donne, i cavalieri, le armi, gli amori, gli atti cortesi, le imprese
audaci che ci furono nel tempo in cui i Mori d’Africa [cioè gli Arabi]
attraversarono il mare e fecero tanto danno in Francia, seguendo le ire e i
furori giovanili del loro re Agramante, il quale si era vantato di vendicare la
morte di Troiano [suo padre] su Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero.
2
Racconterò
nello stesso tempo una cosa che non è mai stata detta prima né in prosa né in
rima di Orlando: il quale cadde in uno stato di furore e diventò matto, pur
essendo prima considerato uomo di grande saggezza; se da colei [la mia donna] che
quasi mi ha reso simile a lui, che mi consuma a poco a poco il mio scarso
ingegno, mi sarà concesso quel tanto che mi basti a portare a termine quanto ho
promesso.
3
Vi
piaccia, generosa discendenza di Ercole [d’Este]. Ippolito [cardinale di
Ferrara, presso cui Ariosto lavorava], ornamento e splendore del nostro secolo,
gradire questo che vuole e soltanto sa darvi il vostro umile servo [cioè
l’Ariosto stesso]. Ciò che io vi devo, lo posso pagare in parte con le mie
parole e le mie opere d’inchiostro [i miei scritti]; e non accusatemi di darvi
poco; poiché quanto io vi posso dare, ve lo dono tutto.
4
Voi
sentirete ricordare, fra i più degni eroi, che mi appresto a nominare lodandoli,
quel Ruggero, che fu il vecchio ceppo [il capostipite] di voi e dei vostri
illustri antenati. Vi farò udire l’alto valore e le famose imprese sue, se mi
prestate attenzione, e le vostre profonde preoccupazioni cedano un poco,
cosicché i miei versi trovino spazio tra di loro.
5
Orlando,
che fu innamorato della bella Angelica per molto tempo, e per lei aveva
lasciato in India, in Media [la regione a sud del Mar Caspio] e in Tartaria [la
regione a ovest della Cina] trofei infiniti e immortali [cioè aveva dato prova
di grandi imprese], con lei era tornato in Occidente, dove presso gli alti
monti Pirenei re Carlo aveva posto le sue tende in campo aperto con la gente di
Francia e di Germania,
6
per
far sì che il re Marsilio [un saraceno] e il re Agramante si battessero le
guance [si pentissero] del loro pazzo ardimento, quello di aver condotto
dall’Africa quanti guerrieri fossero in grado di portare spada e lancia [costui
è Agramante], mentre l’altro [Marsilio] di aver spinto la Spagna avanti a
distruzione del bel regno di Francia. Così Orlando arrivò qui al momento
giusto: ma subito si pentì di esservi giunto;
7
perché
qui gli fu tolta la sua donna: ecco come spesso il giudizio umano sbaglia! Colei che dai lidi occidentali [dove appare
Espero, la stella della sera] a quelli orientali [dove sorge Eos, l’aurora]
egli aveva difeso con così lunga guerra, ora gli viene tolta proprio quando si
trova tra i suoi amici, senza adoperar la spada, nella sua terra. E a
portargliela via fu il saggio imperatore [Carlo Magno], il quale volle spegnare
un grave incendio.
8
Pochi
giorni prima era nata una contesa tra il conte Orlando e suo cugino Rinaldo; i
quali avevano entrambi l’animo caldo di desiderio amoroso per la rara bellezza
[di Angelica]. Carlo, che non aveva cara questa lite, poiché rendeva meno forte
il loro aiuto a lui, prese questa fanciulla, che era la causa della lite, e la
consegnò in mano al duca di Baviera;
9
promettendola
in premio a quello che di loro due in quel conflitto, in quella gran giornata
[cioè battaglia], avesse ucciso il maggior numero di infedeli, e avesse
prestato l’azione più gradita con la propria mano [la propria forza]. Poi i
successi furono contrari ai voti [non accadde ciò che si era previsto]; giacché
i cristiani furono messi in fuga e il duca fu fatto prigioniero con molti altri
e la sua tenda rimase abbandonata.
10
E
da qui, dove era rimasta la fanciulla che doveva essere premio al vincitore,
prima della conclusione della battaglia essa salì in sella e appena fu
opportuno se ne scappò, quasi presagisse che quel giorno la Fortuna dovesse
essere avversa ai cristiani: entrò in un bosco e nella stretta via incontrò un
cavaliere che se ne veniva a piedi.
11
Aveva
indosso la corazza, in testa l’elmo, al fianco la spada e in braccio lo scudo;
e correva per la foresta più leggero del villano mezzo nudo al palio rosso [una
festa che probabilmente si teneva a Ferrara e che prevedeva come premio un
drappo rosso al vincitore di una corsa a piedi]. Mai una timida pastorella
voltò il piede così velocemente dinnanzi a una serpe crudele, quanto Angelica
voltò il cavallo, non appena si accorse del guerriero che avanzava a piedi.
12
Costui
era quel paladino gagliardo [si tratta di Rinaldo], figlio d’Amone, signor di
Montalbano, al quale per strano caso era sfuggito di mano poco prima il suo
destriero Baiardo. Come volse lo sguardo alla donna, riconobbe, seppure di
lontano, l’angelico sembiante e quel bel volto che lo teneva avvolto nelle reti
dell’amore.
13
La
donna volta indietro il palafreno [il cavallo] e a tutta briglia lo spinge
nella foresta; né si cura di cercare la via più sicura e migliore, là dove la
selva è più rada piuttosto che dove è più folta: ma pallida, tremando, e quasi
fuori di sé, lascia che sia il destriero a decidere la via. Di su di giù, tanto
girò nell’alta selva minacciosa, finché non giunse a un fiume.
14
Sulla
riva del fiume stava Ferraù [un gigante saraceno nipote di re Marsilio e anche
lui innamorato di Angelica], tutto sudato e polveroso. Lo aveva dinanzi
allontanato dalla battaglia un gran desiderio di bere e di riposo; e poi, suo
malgrado, qui si fermò, perché, ingordo d’acqua e frettoloso, l’elmo gli cadde
nel fiume e ancora non era riuscito a riprenderlo.
15
La
fanciulla se ne veniva spaventata, gridando quanto più poteva. E sentendo
quella voce il Saracino salta sulla riva e la guarda in viso; e la riconosce
non appena arriva, benché fosse pallida per la paura e turbata, e pur non
avendone avuta notizia da più giorni, che senza dubbio quella è la bella
Angelica.
16
E
poiché era cortese, e ne era innamorato forse non meno dei due cugini [Orlando
e Rinaldo], le porse tutto l’aiuto che poteva, come se avesse ancora l’elmo,
pieno d’ardimento e baldanzoso: trasse la spada e corse minaccioso contro
Rinaldo, che poco lo temeva. Più volte i due si erano non solo visti, ma anche
conosciuti alla prova delle armi.
17
Cominciarono
qui una battaglia crudele, a piedi com’erano, con le spade nude [sguainate]: ai
loro colpi non le piastre [dell’armatura] né la sottile maglia [sotto
l’armatura] avrebbero resistito, ma nemmeno un’incudine. Ora, mentre uno si dà
da fare contro l’altro, bisogna che il cavallo affretti l’andatura, dato che
per quanto la fanciulla riesce a colpire con i calcagni, lo spinge nel bosco e
nella campagna.
18
Dopo
che invano si ebbero ben affaticati i due guerrieri per mettere l’uno sotto
l’altro, poiché non meno esperto di maneggiar le armi era questo di quello, né
quello di questo; fu per primo il signor di Montalbano che fece parola al
cavalier di Spagna, così come uno che ha nel cuore tanto fuoco, che ne brucia
tutto e non trova pace.
19
Disse
al pagano: - Credi di aver fatto danno solo a me, invece assieme a me fai danno
a te stesso: se questo [duello] accade perché i raggi luminosi di un nuovo sole
[cioè gli occhi di Angelica] ti hanno acceso il petto, che cosa ci guadagni a
farmi attardare qui? Che se anche tu mi uccidi o mi prendi prigioniero, non per
questo la bella donna sarà tua; dato che, mentre noi indugiamo, lei se ne va
via.
20
Quanto
sarebbe meglio, se ancora l’ami, che tu venga con me a bloccarle la strada, a
trattenerla e a fermarla, prima che ella se ne vada più lontana! Quando
l’avremo in nostro potere, allora si provi con la spada di chi di noi due ella
deve essere: altrimenti, dopo così lungo affanno, non mi sembra che ci venga
altro che un danno. –
21
La
proposta non dispiacque al pagano: così il duello venne rinviato; e tra di loro
nacque subito una tal tregua, così vengono dimenticati l’odio e l’ira, che il
pagano partendosene dalle fresche acque non lasciò a piedi il buon figlio
d’Amone: lo invita con preghiere e infine lo fa salire in groppa e sulle orme
di Angelica galoppa.
22
Oh
grande bontà degli antichi cavalieri! Erano rivali, erano di diversa fede, e
ancora si sentivano in tutto il corpo i dolori degli aspri e violenti colpi
[che si erano dati]; eppure per selve oscure e strade sconosciute se ne vanno
insieme senza dubitare l’uno dell’altro. Pungolato da quattro speroni il
destriero arriva a un punto in cui la strada si divideva in due.
23
E
poiché non sapevano se la donzella avesse presa una via o l’altra (dato che
senza alcuna diversità in entrambe v’erano delle tracce fresche), si affidarono
alla volontà della sorte, Rinaldo imboccando una via, il Saracino l’altra.APPROFONDIMENTO:
Nella colonna a fianco trovi, come approfondimento, una Breve guida alla mostra "Orlando furioso 500 anni - Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi" in corso a Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Si tratta di una mostra bellissima e te la consiglio.
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