lunedì 10 ottobre 2016

10 Dategli un gratta e vinci (di Stefano Rigo)



È difficile credere che ci sia stato un tempo (un secolo fa e oltre) in cui esisteva una classe operaia che avrebbe voluto prendere il potere, per migliorare il mondo. Eppure la storia ce lo ricorda con precisione: il proletariato nato con la rivoluzione industriale, dopo decenni di sfruttamento riuscì a darsi questo obiettivo e a salire al potere in Russia. Ce lo ricordano le molte pagine del cosiddetto “realismo socialista”, come quelle di Maksìm Gorkij pubblicate in questo blog: pagine che, nella loro abbondanza di retorica, travisano sicuramente i fatti generali, ma non in maniera tale da non riconoscere come veritiero l’entusiasmo, quasi la fede religiosa, che mosse quegli uomini e quelle donne tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Qualcuno dirà che c’era entusiasmo anche, negli stessi anni, in coloro che lottarono per la “rivoluzione fascista”, ma costoro dimenticano una cosa: che il socialismo aspirava a una società di uguali, il fascismo a una società di schiavi. E non è una differenza da poco.
A ricordarmi che c’è stata una classe operaia piena di sogni rivoluzionari c’è soprattutto mio padre, un contadino-operaio di umili condizioni, che ancora negli anni Sessanta del secolo scorso, cioè dopo il XX congresso del PCUS, si abbandonava con gli amici all’illusione che era possibile creare una società senza padroni, senza servi, senza uomini sfruttati perché ignoranti e ignoranti perché sfruttati.
La chiamo illusione, perché si risolse in un fallimento: non è la Russia staliniana che mio padre avrebbe voluto. Non è nemmeno la società contemporanea, pervasa da nuovi fascismi che hanno reso il popolo schiavo, come nei secoli dei secoli, di vecchi bastardi (politici e religiosi) sempre al potere. Sempre con un sacco di soldi. Talmente tanti, che non sanno nemmeno cosa farsene. E, magari, li spendono per farsi un vulcano finto in villa.
 Oggi una classe operaia non esiste più: ci sono persino uomini che lavorano nelle fabbriche, che non si definiscono operai. In effetti da chi è composta oggi la società? Da un insignificante popolino, fatto di impiegati, commesse, infermieri, piccoli artigiani, barbieri, operatori ecologici, contadini che hanno una produzione specializzata di basilico (o soia, pomodori, insalata e quant’altro), casalinghe, badanti, negozianti, baristi, donnette che vanno a passeggio col cane, pensionati che passano le giornate al bar, giovani nullafacenti che scrivono sui muri e seguono il calcio; ma direi anche insegnanti che non sanno insegnare, medici o dentisti che non sanno curare, pubblicitari che vendono letame, giornalisti da quattro soldi che non sanno informare. Tutta gente perfettamente a posto con la propria coscienza, perché ha tutto quello che gli serve e, però, si lamenta di continuo di ciò che non ha, né potrà mai avere.
Gli hanno dato un’educazione di massa, per cui credono di sapere tutto: una come la mia vicina di casa non è minimamente sfiorata dalla socratica idea di “so di non sapere” e se ci parli assieme, lei ha una risposta, di cui è convinta, per tutto. Eppure non basta saper leggere, scrivere e far di conto per essere brave persone e contribuire a migliorare il mondo.
Gli hanno dato il controllo apparente dell’informazione: se stampa, radio e televisione fanno schifo (come fanno realmente), ricorrono alla rete Internet, magari si fanno il proprio blog in cui possono scrivere liberamente qualunque stronzata gli viene in mente. Del resto oggi ci sono partiti che sono nati in rete e che credono che basti questo per essere politici, cioè cittadini di una poleis.
Gli hanno dato ferie e vacanze in ogni occasione, splendide crociere in navi che sono l’esemplificazione della stupidità umana, quindici giorni al mare ad abbronzarsi con le tette al vento, un mese in montagna a camminare su e giù per sentieri battuti da migliaia di piedi con la convinzione di essere a contatto con la natura, rapide visite a un museo in cui interessano più le cornici che i dipinti.
Gli hanno dato il gratta e vinci, per cui vedi uomini e donne, anche anziani, che grattano frenetici e sembrano tredicenni che hanno appena scoperto la masturbazione; e il piacere sta nel grattare, non nel vincere 5 euro, così come per il tredicenne il piacere sta nel masturbarsi, non nel raggiungere l’orgasmo.
Gli hanno dato, soprattutto, un nemico da odiare, meglio se brutto, sporco e cattivo. Il terrone, la femminista, il frocio, l’albanese, il cinese, il musulmano, l’ebreo, il negro, lo zingaro. Anche il terremotato, perché ha la pretesa di essere mantenuto in una tendopoli.
No, non è con questo popolino che il mondo migliorerà. Né tantomeno, con chi lo governa.


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