È difficile credere che ci sia stato un
tempo (un secolo fa e oltre) in cui esisteva una classe operaia che avrebbe
voluto prendere il potere, per migliorare il mondo. Eppure la storia ce lo
ricorda con precisione: il proletariato nato con la rivoluzione industriale,
dopo decenni di sfruttamento riuscì a darsi questo obiettivo e a salire al
potere in Russia. Ce lo ricordano le molte pagine del cosiddetto “realismo socialista”,
come quelle di Maksìm Gorkij pubblicate in questo blog: pagine che, nella loro
abbondanza di retorica, travisano sicuramente i fatti generali, ma non in
maniera tale da non riconoscere come veritiero l’entusiasmo, quasi la fede
religiosa, che mosse quegli uomini e quelle donne tra la fine dell’Ottocento e
l’inizio del Novecento. Qualcuno dirà che c’era entusiasmo anche, negli stessi
anni, in coloro che lottarono per la “rivoluzione fascista”, ma costoro
dimenticano una cosa: che il socialismo aspirava a una società di uguali, il
fascismo a una società di schiavi. E non è una differenza da poco.
A ricordarmi che c’è stata una classe
operaia piena di sogni rivoluzionari c’è soprattutto mio padre, un
contadino-operaio di umili condizioni, che ancora negli anni Sessanta del
secolo scorso, cioè dopo il XX congresso del PCUS, si abbandonava con gli amici
all’illusione che era possibile creare una società senza padroni, senza servi,
senza uomini sfruttati perché ignoranti e ignoranti perché sfruttati.
La chiamo illusione, perché si risolse in
un fallimento: non è la Russia staliniana che mio padre avrebbe voluto. Non è
nemmeno la società contemporanea, pervasa da nuovi fascismi che hanno reso il
popolo schiavo, come nei secoli dei secoli, di vecchi bastardi (politici e
religiosi) sempre al potere. Sempre con un sacco di soldi. Talmente tanti, che
non sanno nemmeno cosa farsene. E, magari, li spendono per farsi un vulcano
finto in villa.
Oggi una classe operaia non esiste più: ci
sono persino uomini che lavorano nelle fabbriche, che non si definiscono
operai. In effetti da chi è composta oggi la società? Da un insignificante
popolino, fatto di impiegati, commesse, infermieri, piccoli artigiani,
barbieri, operatori ecologici, contadini che hanno una produzione specializzata
di basilico (o soia, pomodori, insalata e quant’altro), casalinghe, badanti,
negozianti, baristi, donnette che vanno a passeggio col cane, pensionati che
passano le giornate al bar, giovani nullafacenti che scrivono sui muri e
seguono il calcio; ma direi anche insegnanti che non sanno insegnare, medici o
dentisti che non sanno curare, pubblicitari che vendono letame, giornalisti da
quattro soldi che non sanno informare. Tutta gente perfettamente a posto con la
propria coscienza, perché ha tutto quello che gli serve e, però, si lamenta di
continuo di ciò che non ha, né potrà mai avere.
Gli hanno dato un’educazione di massa, per
cui credono di sapere tutto: una come la mia vicina di casa non è minimamente
sfiorata dalla socratica idea di “so di non sapere” e se ci parli assieme, lei
ha una risposta, di cui è convinta, per tutto. Eppure non basta saper leggere,
scrivere e far di conto per essere brave persone e contribuire a migliorare il
mondo.
Gli hanno dato il controllo apparente
dell’informazione: se stampa, radio e televisione fanno schifo (come fanno
realmente), ricorrono alla rete Internet, magari si fanno il proprio blog in
cui possono scrivere liberamente qualunque stronzata gli viene in mente. Del
resto oggi ci sono partiti che sono nati in rete e che credono che basti questo
per essere politici, cioè cittadini di una poleis.
Gli hanno dato ferie e vacanze in ogni
occasione, splendide crociere in navi che sono l’esemplificazione della
stupidità umana, quindici giorni al mare ad abbronzarsi con le tette al vento,
un mese in montagna a camminare su e giù per sentieri battuti da migliaia di
piedi con la convinzione di essere a contatto con la natura, rapide visite a un
museo in cui interessano più le cornici che i dipinti.
Gli hanno dato il gratta e vinci, per cui
vedi uomini e donne, anche anziani, che grattano frenetici e sembrano
tredicenni che hanno appena scoperto la masturbazione; e il piacere sta nel
grattare, non nel vincere 5 euro, così come per il tredicenne il piacere sta
nel masturbarsi, non nel raggiungere l’orgasmo.
Gli hanno dato, soprattutto, un nemico da
odiare, meglio se brutto, sporco e cattivo. Il terrone, la femminista, il
frocio, l’albanese, il cinese, il musulmano, l’ebreo, il negro, lo zingaro.
Anche il terremotato, perché ha la pretesa di essere mantenuto in una
tendopoli.
No, non è con questo popolino che il mondo
migliorerà. Né tantomeno, con chi lo governa.
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