“Sentinella” è uno dei
racconti più noti di Fredric Brown; venne scritto nel 1954. Nella sua
essenzialità, è perfetto per rappresentare almeno due temi importanti: quello
della guerra e della propaganda contro il nemico (che risale ad almeno la Prima
guerra mondiale, quando il nemico era descritto dai giornali e dai manifesti
come capace delle peggiori atrocità), e quello della diversità, che è tale solo
secondo il punto di vista limitato ed unilaterale di molti di noi.
Questa è la traduzione di
Carlo Fruttero, oggi presente nell’antologia einaudiana “L’ora di fantascienza”. Dopo la traduzione italiana
puoi leggere il testo originale, intitolato “Sentry”.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame
e freddo ed era lontano cinquantamila anni-luce da casa.
Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la
gravità, doppia di quella cui era abituato, faceva d'ogni movimento una agonia
di fatica.
Ma dopo decine di migliaia d'anni quest’angolo di
guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell'aviazione, con le loro
astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque,
tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e
tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella
mai sentita nominare finché non ce lo avevano sbarcato. E adesso era suolo
sacro perché c'era arrivato anche il nemico. Il nemico, l'unica altra razza
intelligente della Galassia... crudeli, schifosi, ripugnanti mostri.
Il primo contatto era avvenuto vicino al centro
della Galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di
pianeti; ed era stata la guerra, subito; quelli avevano cominciato a sparare
senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica.
E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere,
coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame
e freddo, e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva
male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era
vitale.
Stava all'erta, il fucile pronto. Lontano cinquantamila anni-luce dalla patria,
a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l'avrebbe mai fatta a
riportare a casa la pelle.
E allora vide uno di loro strisciare verso di lui.
Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante,
che tutti loro facevano, poi non si mosse più.
Il verso e la vista del cadavere lo fecero rabbrividire.
Molti, col passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma
lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe,
quella pelle d’un bianco nauseante, e senza squame.
IL TESTO ORIGINALE:
He was wet and muddy and hungry and cold, and he was
fifty thousand light-years from home.
A strange blue sun gave light and the gravity, twice
what he was used to, made every movement difficult.
But in tens of thousands of years this part of war
hadn't changed. The flyboys were fine with their sleek spaceships and their
fancy weapons. When the chips are down, though, it was still the foot soldier,
the infantry, that had to take the ground and hold it, foot by bloody foot.
Like this damned planet of a star he'd never heard of until they'd landed him
there. And now it was sacred ground because the aliens were there too. The
aliens, the only other intelligent race in the Galaxy ... cruel, hideous and
repulsive monsters.
Contact had been made with them near the center of
the Galaxy, after the slow, difficult colonization of a dozen thousand planets;
and it had been war at sight; they'd shot without even trying to negotiate, or
to make peace.
Now, planet by bitter planet, it was being fought
out.
He was wet and muddy and hungry and cold, and the
day was raw with a high wind that hurt his eyes. But the aliens were trying to
infiltrate and every sentry post was vital.
He stayed alert, gun ready. Fifty thousand
light-years from home, fighting on a strange world and wondering if he'd ever
live to see home again.
And then he saw one of them crawling toward him. He
drew a bead and fired. The alien made that strange horrible sound they all
make, then lay still.
He shuddered at the sound and sight of the alien
lying there. One ought to be able to get used to them after a while, but he'd
never been able to. Such repulsive creatures they were, with only two arms and
two legs, ghastly white skins and no scales.
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