Pubblicato nel 1954 con il
titolo “Sentence”, questo breve racconto illustra bene lo spirito che anima la
letteratura fantascientifica di Fredric Brown, assai diverso da quello di altri
autori, come – per citare il più famoso – Isaac Asimov.
Così, anche una condanna a
morte su un pianeta di una stella lontana può trasformarsi in un… privilegio:
gli alieni non sono poi così cattivi come si pensa!
Charley Dalton, spaziale di origine terrestre, entro un’ora dal suo
atterraggio sul secondo pianeta della stella Antares aveva commesso un reato
assai grave. Aveva ucciso un Antariano. Su gran parte dei pianeti l’assassinio
è un reato minore; su molti altri è un’azione lodevole. Ma su Antares II è un
delitto capitale.
«Sei condannato a morte», decretò il solenne giudice antariano. «Morte
per disintegrazione domani all’alba.» Non era permesso fare appello alla
sentenza.
Charley fu condotto nell’appartamento dei condannati.
L’appartamento si rivelò composto di diciotto stanze sfarzose, ognuna
fornita, molto ben fornita, con un’ampia scelta di cibi e bevande, giacigli e
qualunque altra cosa egli avesse potuto desiderare, inclusa una bellissima
donna sopra ognuno dei giacigli.
«Ch’io sia dannato», disse Charley.
La guardia antariana si chinò verso di lui e spiegò: «È l’usanza del
nostro pianeta. Facciamo così per l’ultima notte di ogni uomo condannato a
morire all’alba. Gli viene offerto tutto quello che potrebbe desiderare.»
«Vale quasi la pena», osservò Charley. «Dimmi un po’, io avevo appena
atterrato quando mi è capitato questo guaio e non ho avuto il tempo di
controllare la guida del pianeta. Quanto è lunga una notte, qui? Quante ore
impiega questo pianeta in una rotazione?»
«Ore?» disse la guardia. «Dev’essere un termine terrestre. Telefonerò
all’Astronomo Reale per un raffronto del tempo tra il tuo pianeta e il nostro.»
Telefonò, fece la domanda, ascoltò. Poi disse a Charley Dalton: «Il tuo
pianeta Terra compie novantatré rivoluzioni attorno al suo sole durante un
periodo di oscurità su Antares II. Una delle nostre notti equivale a novantatré
dei vostri anni.»
Charley fischiò sommessamente e si domandò se ce l’avrebbe fatta. La
guardia antariana, la cui vita aveva una durata di poco più che ventimila anni,
si inchinò con aria grave e compassionevole per poi ritirarsi.
Charley Dalton affrontò la sgobbata di quella lunga notte di mangiate,
bevute, et coetera, sebbene non in questo ordine preciso. Le donne erano
davvero belle e lui era stato nello spazio un bel po’ di tempo.
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