venerdì 9 marzo 2018

169 Esperimento (di Fredric Brown)



Già nel 1895 H. G. Wells aveva inventato una macchina che permetteva di viaggiare nel tempo; in questo brevissimo racconto Fredric Brown riprende l’idea, rovesciando però completamente l’esito finale e questo per un semplice dubbio che viene in mente a uno dei colleghi ai quali il protagonista, il professor Johnson, sta mostrando la sua invenzione.
Il racconto qui postato è presente nell’antologia “L’ora di fantascienza”, pubblicata da Einaudi nella traduzione di Franco Lucentini. Il racconto originale, intitolato “Experiment” è del 1954 e lo puoi leggere dopo la traduzione italiana.

- La prima macchina del tempo, signori! -  disse con fierezza il professor Johnson, presentando l’apparecchio ai due colleghi. – Certo, è solo un modello sperimentale su scala ridotta. Non funziona che per oggetti di peso inferiore a tre libbre e cinque once, e per distanze di dodici minuti, al massimo, nel futuro o nel passato. Ma funziona.
Per ridotto, il modello era davvero ridotto; e assomigliava in tutto e per tutto a una bilancia pesa-lettere, con in più due quadranti da orologio fissati sotto il piattello.
Il professor Johnson prese un piccolo cubo di metallo. 
- Il nostro oggetto sperimentale, - disse, - è un cubo d’ottone del peso d’una libbra e due virgola tre once. Per prima cosa, lo manderemo cinque minuti avanti nel futuro.
Si chinò, e mise a segno uno dei quadranti.
- Guardino i loro orologi.
I due colleghi guardarono i propri orologi, e il professor Johnson psò delicatamente il cubo sul piattello. Il cubo sparì.
Cinque minuti più tardi, esattissimamente, riapparve.
Il professor Johnson lo riprese. 
- Ora, - disse, - cinque minuti indietro nel passato.
Mise a segno l'altro quadrante. Col cubo sempre in mano, guardò l'orologio. 
- Mancano sei minuti alle tre, - spiegò. - Alle tre in punto, posando il cubo sul piattello, azionerò il meccanismo. Di conseguenza, alle tre meno cinque, il cubo sparirà dalla mia mano e comparirà sul piattello: cinque minuti prima di quando ce l’avrò messo.
- Ma allora, come potrete mettercelo? – chiese uno dei colleghi.
- Alle tre, quando avvicinerò la mano, il cubo sparirà dal piattello e comparirà nella mano per essere messo nel piattello. Le tre meno cinque: attenzione, prego.
Il cubo gli sparì dalla mano.
E apparì sulla piattaforma della macchina del tempo.
- Visto? Cinque minuti prima che ce l’abbia messo, è già lì!
L'altro collega guardò il cubo con aria perplessa.
- Ma, - disse, - supponiamo che, adesso che è già lì cinque minuti prima che lei ce l’abbia messo, lei cambi idea e, alle tre, non ce lo metta. Non si avrebbe, in questo caso, una specie di paradosso?
- Idea interessante, - disse il professor Johnson. - Non ci avevo pensato. Ma proveremo subito. Dunque ecco: sono le tre, e io non
Non ci fu nessuna specie di paradosso. Il cubo rimase.
Ma il resto intero dell’universo, professori e tutto, sparì.

IL TESTO ORIGINALE:

"The first time machine, gentlemen," Professor Johnson proudly informed his two colleagues. "True, it is a small-scale experimental model. It will operate only on objects weighing less than three pounds, five ounces and for distances into the past and future of twelve minutes or less. But it works."
The small-scale model looked like a small scale—a postage scale—except for two dials in the part under the Platform.
Professor Johnson held up a small metal cube. "Our experimental object," he said, "is a brass cube weighing one pound, two point three ounces. First, I shall send it five minutes into the future."
He leaned forward and set one of the dials on the time machine. "Look at your watches," he said.
They looked at their watches. Professor Johnson placed the cube gently on the machine's platform. It vanished.
Five minutes later, to the second, it reappeared.
Professor Johnson picked it up. "Now five minutes into the past." He set the other dial. Holding the cube in his hand he looked at his watch. "It is six minutes before three o'clock. I shall now activate the mechanism—by placing the cube on the platform—at exactly three o'clock. Therefore, the cube should, at five minutes before three, vanish from my hand and appear on the platform, five minutes before I place it there."
"How can you place it there, then?" asked one of his colleagues.
"It will, as my hand approaches, vanish from the platform and appear in my hand to be placed there. Three o'clock. Notice, please."
The cube vanished from his hand.
It appeared on the platform of the time machine.
"See? Five minutes before I shall place it there, it is there!"
His other colleague frowned at the cube. "But," he said, "what if, now that it has already appeared five minutes before you place it there, you should change your mind about doing so and not place it there at three o'clock? Wouldn't there be a paradox of some sort involved?"
"An interesting idea," Professor Johnson said. "I had not thought of it, and it will be interesting to try. Very well, I shall not ..."
There was no paradox at all. The cube remained.
But the entire rest of the Universe, professors and all, vanished.






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