martedì 23 gennaio 2018

155 Marzo 1821 (di Alessandro Manzoni)



Quest’ode fu scritta in occasione dei moti carbonari piemontesi del 1821, quando parve che Carlo Alberto fosse sul punto di passare il Ticino e liberare la Lombardia dall’occupazione austriaca; Manzoni presenta questo passaggio come già avvenuto e proclama la propria speranza nell’Italia unita e indipendente, un’Italia risorta dall’oppressione e dalla schiavitù, il che ha dato nome al Risorgimento, ossia alle lotte di quegli anni proprio per liberarsi dal dominio austriaco. Il moto rivoluzionario venne però stroncato e Manzoni mise da parte la sua ode, pubblicandola solo nel 1848, dopo le Cinque giornate di Milano, proprio su invito del Governo provvisorio milanese.
Pur con alcuni passaggi retorici, la poesia esprime bene gli ideali manzoniani (e risorgimentali) volti alla creazione di un’Italia unita, libera dal servaggio tedesco, nazionalista nel significato migliore del termine.

Alla illustre memoria
di
TEODORO KOERNER
poeta e soldato
della indipendenza germanica
morto sul campo di Lipsia
il giorno XVIII d'Ottobre MDCCCXIII
nome caro a tutti i popoli
che combattono per difendere
o per riconquistare
una patria.

Soffermati sull'arida sponda,
vòlti i guardi al varcato Ticino,
tutti assorti nel novo destino,
certi in cor dell'antica virtù,
han giurato: Non fia che quest'onda
scorra più tra due rive straniere;
non fia loco ove sorgan barriere
tra l'Italia e l'Italia, mai più!

L'han giurato: altri forti a quel giuro
rispondean da fraterne contrade,
affilando nell'ombra le spade
che or levate scintillano al sol.
Già le destre hanno stretto le destre;
già le sacre parole son porte:
o compagni sul letto di morte,
o fratelli su libero suol.

Chi potrà della gemina Dora,
della Bormida al Tanaro sposa,
del Ticino e dell'Orba selvosa
scerner l'onde confuse nel Po;
chi stornargli del rapido Mella
e dell'Oglio le miste correnti,
chi ritogliergli i mille torrenti
che la foce dell'Adda versò,

quello ancora una gente risorta
potrà scindere in volghi spregiati,
e a ritroso degli anni e dei fati,
risospingerla ai prischi dolor;
una gente che libera tutta,
o fia serva tra l'Alpe ed il mare;
una d'arme, di lingua, d'altare,
di memorie, di sangue e di cor.

Con quel volto sfidato e dimesso,
con quel guardo atterrato ed incerto
con che stassi un mendico sofferto
per mercede nel suolo stranier,
star doveva in sua terra il Lombardo;
l'altrui voglia era legge per lui;
il suo fato, un segreto d'altrui;
la sua parte, servire e tacer.

O stranieri, nel proprio retaggio
torna Italia, e il suo suolo riprende;
o stranieri, strappate le tende
da una terra che madre non v'è.
Non vedete che tutta si scote,
dal Cenisio alla balza di Scilla?
non sentite che infida vacilla
sotto il peso de' barbari piè?

O stranieri! sui vostri stendardi
sta l'obbrobrio d'un giuro tradito;
un giudizio da voi proferito
v'accompagna all'iniqua tenzon;
voi che a stormo gridaste in quei giorni:
Dio rigetta la forza straniera;
ogni gente sia libera, e pèra
della spada l'iniqua ragion.

Se la terra ove oppressi gemeste
preme i corpi de' vostri oppressori,
se la faccia d'estranei signori
tanto amara vi parve in quei dì;
chi v'ha detto che sterile, eterno
saria il lutto dell'itale genti?
chi v'ha detto che ai nostri lamenti
saria sordo quel Dio che v'udì?

Sì, quel Dio che nell'onda vermiglia
chiuse il rio che inseguiva Israele,
quel che in pugno alla maschia Giaele
pose il maglio, ed il colpo guidò;
quel che è Padre di tutte le genti,
che non disse al Germano giammai:
Va’, raccogli ove arato non hai;
spiega l'ugne; l'Italia ti do.

Cara Italia! dovunque il dolente
grido uscì del tuo lungo servaggio;
dove ancor dell'umano lignaggio
ogni speme deserta non è:
dove già libertade è fiorita,
dove ancor nel segreto matura,
dove ha lacrime un'alta sventura,
non c'è cor che non batta per te.

Quante volte sull'Alpe spiasti
l'apparir d'un amico stendardo!
quante volte intendesti lo sguardo
ne' deserti del duplice mar!
Ecco alfin dal tuo seno sboccati,
stretti intorno a' tuoi santi colori,
forti, armati de' propri dolori,
i tuoi figli son sorti a pugnar.

Oggi, o forti, sui volti baleni
il furor delle menti segrete:
per l'Italia si pugna, vincete!
il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per voi la vedremo
al convito de' popoli assisa,
o più serva, più vil, più derisa
sotto l'orrida verga starà.

Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
che da lunge, dal labbro d'altrui,
come un uomo straniero, le udrà!
che a' suoi figli narrandole un giorno,
dovrà dir sospirando: «io non c'era»;
che la santa vittrice bandiera
salutata quel dì non avrà.

PARAFRASI:

[La dedica a Teodoro Koerner esprime il diritto di ogni popolo ad avere una patria e a donare, per questo ideale, anche la vita. Teodoro Koerner fu un poeta romantico tedesco, autore di drammi e canti patriottici e ispiratore della riscossa nazionale dal dominio napoleonico, contro il quale morì combattendo]

Fermatisi sulla sponda arida,
rivolti con lo sguardo al Ticino appena varcato,
tutti assorti nella contemplazione del nuovo destino,
sicuri nel cuore dell’antico valore [degli italiani],
hanno giurato: Non accadrà mai più che questa onda
scorra a dividere due rive straniere;
non accadrà che ci siano posti in cui sorgano barriere
tra una parte e l’altra dell’Italia, mai più!

L’hanno giurato: altri coraggiosi [liberali di altre parti d’Italia] a quel giuramento
rispondevano da fraterne contrade,
affilando nell’ombra le spade
che ora innalzate scintillano al sole.
Già le destre hanno stretto altre destre;
già sono state pronunciate le sacre parole:
o compagni sul letto di morte,
o fratelli su un suolo libero.

Chi potrà della Dora gemella [la Dora Baltea e la Dora Riparia],
della Bormida sposa [in quanto affluente] del Tanaro,
del Ticino e dell’Orba boscosa
distinguere le acque confuse a quelle del Po;
chi riuscirà a sottrargli le correnti mescolate
del Mella rapido e dell’Oglio,
chi riuscirà a togliergli i mille torrenti
che l’Adda vi ha fatto confluire [Sono tutte azioni impossibili],

costui potrà ancora separare in popoli disprezzati
una popolazione risorta,
e a ritroso nei secoli e andando contro il destino,
risospingerla agli antichi dolori [di quando non era libera];
una popolazione che sarà tutta libera
o ancora serva tra le Alpi e il mare;
una sola nel desiderio di combattere, nella lingua, nella religione,
nelle memorie, nel sangue e nello spirito.

Con quel volto sfiduciato e avvilito,
con quello sguardo rivolto a terra e vergognoso
con il quale sta un mendicante tollerato
per pietà in suolo straniero,
doveva stare nella sua stessa terra il Lombardo;
il capriccio altrui era per lui legge;
il suo destino, un segreto di altri;
la sua parte servire e tacere.

O stranieri, nella propria eredità
torna l’Italia e riprende il suo suolo:
o stranieri, togliete le tende
da una terra che non vi è madre.
Non vedete che si scuote tutta,
dal Moncenisio allo scoglio di Scilla [cioè dalle Alpi alla Calabria]?
non sentite che vacilla insicura
sotto il peso dei vostri piedi barbari [nel senso di oppressori]?

O stranieri! Sulle vostre bandiere
sta la vergogna di un giuramento tradito;
un principio che voi stessi avete proclamato
[quello della libertà di tutti i popoli, quando combattevate contro Napoleone]
vi accompagna a uno scontro ingiusto;
voi che come un suono di campane gridaste in quei giorni:
Dio respinge la forza straniera;
ogni popolo sia libero, e muoia
l’iniqua ragione della spada.

Se la terra dove gemeste oppressi [dai francesi]
ora preme i corpi dei vostri oppressori,
se la faccia di signori stranieri
in quei giorni vi sembrò tanto amara;
che vi ha detto che vano, eterno
sarà il dolore delle genti italiche?
chi vi ha detto che ai nostri lamenti
sarà sordo quel Dio che udì voi?

Sì, quel Dio che nel mar Rosso
sommerse il malvagio che inseguiva gli ebrei,
quello che mise nel pugno della maschia [cioè coraggiosa come un uomo] Giaele
un martello e guidò il colpo [con cui uccise un oppressore del suo popolo];
quello che è Padre di tutte le genti,
che non ha mai detto al Tedesco:
Va’, raccogli dove non hai arato;
tira fuori le unghie; ti do l’Italia.

Cara Italia! dovunque il grido doloroso
della tua lunga servitù si è levato;
dove ancora dell’umana dignità
non è spenta ogni speranza:
dove è già fiorita la libertà,
dove ancora matura segretamente [cioè in clandestinità],
dove la grande sventura spinge alle lacrime,
non c’è cuore che non batta per te.

Quante volte hai atteso sulle Alpi
che apparisse uno stendardo amico [uno straniero che ti venisse a liberare]!
quante volte tendesti lo sguardo
nel deserto tra i tuoi due mari!
Ecco infine sgorgati dal tuo seno,
stretti intorno ai tuoi santi colori [quelli del tricolore],
forti, armati dei propri dolori,
i tuoi figli si son levati a combattere.


Oggi, o forti, sui vostri volti baleni
il furore che avete coltivato nelle vostre menti in segreto:
si combatte per l’Italia, vincete!
il suo destino sta nelle vostre spade.
O per merito vostro la vedremo risorta
seduta al consesso dei popoli [in pari dignità con gli altri popoli],
oppure più serva, più vile, più derisa
starà sotto l’orribile bastone [dell’oppressione].

Oh giornate del nostro riscatto!
Oh misero per sempre colui
che da lontano, dalla bocca altrui,
come un uomo straniero, ne udrà parlare!
che narrandole un giorno ai suoi figli,
sospirando dovrà dire: «io non c’ero»;
che non avrà salutato quel giorno
la santa bandiera vittoriosa.

SINTESI DEL SIGNIFICATO DI QUESTA POESIA:

I patrioti piemontesi hanno varcato il Ticino, per andare a liberare la Lombardia dalla dominazione austriaca; hanno giurato che l’Italia non sarà più preda degli stranieri, ma sarà libera per sempre. Ed altri patrioti si sono uniti a loro. Come nessuno è in grado di distinguere nelle acque del Po quelle dei suoi mille affluenti, così nessuno potrò d’ora in poi dividere gli italiani uno dall’altro, perché l’Italia sarà solo una, di lingua, di religione, di tradizioni e di sentimenti. Come un mendicante se ne sta vergognoso per strada, così stava il Lombardo sotto l’oppressione straniera. Ma non vedete, o stranieri, che ci stiamo sollevando tutti contro di voi? Andatevene! Non vi ricordate che, sotto la dominazione napoleonica, avete sancito il principio della libertà dei popoli e avete condannato l’ingiustizia della legge del più forte? Così come voi siete riusciti a liberarvi di Napoleone, pensate che noi non riusciremo a liberarci di voi? Credete che Dio non ascolti noi, come invece ha fatto con voi? Quel Dio che ha salvato Mosè dall’inseguimento del faraone attraverso il Mar Rosso e non vi ha mai detto che l’Italia è vostra. Cara Italia, ovunque siano ancora vivi gli ideali della libertà, non c’è nessuno che non pianga per te e non speri nel tuo riscatto. Per troppe volte abbiamo aspettato che qualcuno attraversasse le Alpi per darci la libertà; ora siamo noi stessi che ci siamo armati per essere liberi. E stavolta, o risorgeremo, o saremo servi per sempre! Ahi quanto dolore dovrà provare colui che non si è unito agli altri per combattere per la nostra bandiera.





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