domenica 16 ottobre 2016

16 Attentato in via Paleocapa a Torino (di Giovanni Pesce)



Un'altra azione partigiana tra quelle raccontate da Giovanni Pesce nel suo libro “Senza tregua” del 1967.

Il ritrovo tedesco di Via Paleocapa è un ottimo bersaglio. È qui che i tedeschi si riuniscono per concedersi un po’ di relax dopo le torture e i rastrellamenti. Gli aguzzini di via Asti (1) si mescolano alle SS, esempio di ferocia ai fascisti repubblichini. Dopo le atrocità, baldoria. E quasi ogni sera in via Paleocapa c’è baldoria. A malapena si osservano le regole dell’oscuramento (2); dall’interno, specie a tarda ora, scoppiano rauchi cori di ubriachi e risa femminili. Sentinelle vigilano costantemente. Il ritrovo è circondato da una rete di uomini che passeggiano ininterrottamente sotto i portici.
Il piano va elaborato attentamente. Effettuo varie visite attorno al ritrovo, percorro passo passo il nostro futuro itinerario. Più ci penso e più questa impresa assomiglia a un viaggio senza ritorno. La zona è al centro di un nucleo di case abitate da molti ufficiali tedeschi e fascisti. La fuga non sarà facile e neppure l’accostamento. Gruppi di sentinelle (precauzione recente) pattugliano il ritrovo. Ogni pattuglia segue l’altra a pochi secondi di distanza, un cerchio continuo.
Nella mia casa in via Pinetti traccio su un foglio di carta la pianta dell’edificio ricostruendo con precisione la zona del nostro prossimo attacco. Mentre sto riflettendo bussano alla porta: è una staffetta (3), Ines. Apro dopo aver spento la luce e aver controllato la pistola. Ines annuncia che hanno arrestato altri operai alla FIAT Mirafiori e che li deporteranno in Germania. Si metterà a nostra disposizione con un’altra partigiana.
Mentre mi parla continuo macchinalmente a tracciare cerchi. A un tratto mi avvedo che la linea urta contro un angolo dell’edificio. È un particolare da nulla ma serve a ricordarmi che quel vecchio fabbricato ha ben sette spigoli. Non può esserci un cerchio attorno. Il percorso delle pattuglie dovrà essere per forza spezzato. Anche le vie e le case che circondano il ritrovo tedesco di via Paleocapa sono infatti spigolose, irregolari. L’idea ossessiva del cerchio che protegge il bersaglio cade di colpo. La vigilanza è continua, ma evidentemente non può essere, come sembrava a tutta prima, ininterrotta. Ad ogni spigolo ognuna delle pattuglie di guardia perderà di vista l’altra, anche se per pochi secondi. È come se al posto del cerchio ci fossero dei segmenti allineati. Tra un segmento e l’altro dovrà inserirsi il nostro attacco.
Convoco Ines e Nuccia assieme a Mario. Non dobbiamo essere in molti in questa azione. Le ragazze porteranno le bombe alla base; noi le aspetteremo. Sono due brave ragazze Nuccia ed Ines. Si vede chiaramente che hanno paura, ma una paura composta, controllata. La base è una casa sinistrata. Tra le macerie non verremo facilmente notati. Ad ogni modo sarà facile sgombrare il campo in caso di cattive sorprese. Per precauzione cospirativa non ho detto a Nuccia e ad Ines e neppure a Mario che verranno con me altri due gappisti (4). Li ho già convocati e informati. Arriveranno alla base poco prima dell’azione.
Alle 19,15 puntualissime e con aria disinvolta, arrivano Nuccia e Ines. Il nostro potrebbe sembrare un appuntamento amoroso. In realtà se ne vanno subito lasciando le loro borse cariche di esplosivo. Nessuno ci nota. Raggiungo i due gappisti in una specie di tana dove sono riusciti a nascondersi. Nessuno ci può vedere, ma noi da una fessura possiamo scorgere Mario che fa da "palo." Controlla il movimento delle pattuglie e ci darà il segnale per l’azione accendendo un fiammifero. Sono di nuovo inquieto. Le pattuglie si spostano troppo rapidamente. Camminano troppo in fretta. Il pattugliamento mi fa pensare di nuovo al cerchio. La velocità con cui procedono scompiglia tutti i miei progetti. Non tracciano più una serie di segmenti attorno ad un edificio, ma qualcosa che si avvicina a una linea ininterrotta. Mario accende il fiammifero. Mi sembra impossibile che dia il segnale di via libera in quelle condizioni. Ma ormai non si può tornare indietro. Dobbiamo muoverci perché ora Mario si sposterà dall’altro lato per proteggere la nostra fuga. Perdo in queste riflessioni almeno due preziosi secondi. Ho la testa in fiamme: temo di non riuscire a controllare i miei atti.
Spero solo che Mario non abbia commesso un colossale errore. I gappisti, al mio cenno si alzano. Abbiamo tutto il nostro esplosivo a portata di mano. La pattuglia si avvia a girare l’angolo. Ci sono almeno duecento metri tra noi e il ritrovo tedesco. È chiaro che le micce sono troppo lunghe se le accendiamo all’ultimo momento. La pattuglia che sopraggiungerà noterà il bagliore rosso e darà l’allarme; saremo sorpresi e probabilmente l’attentato non avrà alcun risultato. Accendiamo perciò le micce prima di muoverci. Il lieve anticipo di Mario è stato provvidenziale e saggiamente calcolato.
«Di corsa», dico, «corriamo divisi verso il palazzo». Loro dove la pattuglia è appena sparita, io dall’altra parte, incontro alla nuova. Mario mi fa cenno che sta per sopraggiungere. Gli altri hanno già collocato i loro ordigni, io sono a pochi passi dall’obiettivo. Dall’interno giungono distintamente voci eccitate, canti gutturali e musichette di moda. Si divertono. Colloco la mia bomba nel vano di una finestra, in modo che la miccia resti celata. Ormai deve mancare pochissimo all’esplosione. Mi allontano di corsa, mentre la pattuglia si affaccia sulla piazza dove è l’ingresso del ritrovo. Vedo Mario fuggire e noto che gli altri due gappisti sono già spariti, un attimo ancora e un triplice boato rompe il silenzio. Lo spostamento d’aria manda in frantumi i vetri delle finestre tutt’attorno, mentre dal palazzo si leva una immensa fiammata. Il colpo mi ha un po' stordito ma riprendo la fuga, senza correre troppo. Sarebbe pericoloso. Nel buio risuona il crepitare di qualche arma automatica. Sparano. Probabilmente pensano ad un attacco massiccio. Rientro alla mia base; anche gli altri tornano sani e salvi.
Il giorno dopo i giornali fascisti annunciano che l’attentato ha provocato la perdita di "nove valorosi camerati tedeschi" e che una taglia di un milione è posta sul capo degli autori.
Valgo già parecchi milioni.

(1) In via Asti a Torino sorgeva una caserma dove l’Ufficio Politico Investigativo (UPI) fascista torturava i prigionieri politici con orribili sevizie
(2) Durante la Seconda guerra mondiale era obbligatorio di notte oscurare qualsiasi luce esterna per evitare agli aerei alleati di scorgere possibili obiettivi da bombardare
(3) La staffetta partigiana era una persona che si occupava di portare ordini, lettere, o informazioni a qualche membro della Resistenza
(4) Gappista = membro dei gruppi partigiani denominati GAP (Gruppi di Azione Patriottica)





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