mercoledì 14 marzo 2018

171 Viaggio nel tempo (di Fredric Brown)



Pubblicato nel 1955 con il titolo “The First Time Machine”, questo racconto riprende il paradosso già presente nel racconto “Esperimento”. Solo che questa volta l’esperimento riesce, sia pure con conseguenze… pericolose per uno dei protagonisti.
Dopo la traduzione italiana, trovi il testo originale.

Il dottor Grainger, con tono solenne, disse: «Signori, la prima macchina del tempo».
Si trattava di una scatola di circa quindici centimetri quadrati, con alcune manopole e un interruttore. I suoi tre amici la guardarono a occhi sbarrati.
«Basta tenerla in mano,» continuò il dottor Grainger «fissare le manopole sulla data che si desidera, premere il pulsante… ed ecco fatto.»
Smedley, uno dei tre amici dello scienziato, allungò una mano, prese la scatola e la studiò attentamente. «Funziona davvero?» «Ho appena cominciato le prove» rispose lo scienziato. «L’ho fissata sul giorno precedente e ho premuto il pulsante. Mi sono visto mentre, di schiena, uscivo da questa stanza. Un’impressione stranissima, vi assicuro.» «E che cosa sarebbe successo se ti fossi rincorso per prenderti a calci nel sedere?»
Il dotto Grainger rise. «Forse non avrei potuto farlo, perché in questo modo il passato sarebbe stato cambiato. Come sapete bene tutt’e tre, è questo il vecchio paradosso dei viaggi nel tempo. Che cose succederebbe se si tornasse indietro e si uccidesse il proprio nonno prima del suo incontro con la nonna?»
Smedley, che continuava a tenere in mano la scatola, si scostò improvvisamente dagli altri tre, che fissò sogghignando. «È proprio quello che sto per fare» disse. «Ho fissato le manopole su una certa data di sessant’anni fa.»
«No, Smedley!» Il dottor Grainger mosse un passo in avanti. «Fermo, dottore, se non vuoi che prema subito il pulsante. Vorrei darvi qualche spiegazione.» Grainger si fermò. «Avevo già sentito questo paradosso. E mi aveva sempre interessato moltissimo, perché sapevo che avrei davvero ucciso mio nonno se solo ne avessi avuto la possibilità. Lo odiavo. Era prepotente e crudele, e rendeva la vita impossibile a mia nonna e ai miei genitori. Ecco finalmente l’occasione che ho sempre atteso.»
Smedley avvicinò la mano al pulsante e lo premette. Ci fu un improvviso ronzio.
Smedley si trovò in un campo. Gli bastò un momento per orientarsi. Si trovava nel punto dove un giorno sarebbe sorta la casa del dottor Grainger, e di conseguenza la fattoria di suo nonno non doveva distare più di un paio di chilometri, in direzione sud. S’incamminò. Strada facendo, trovò un pezzo di legno che sarebbe stato perfettamente adatto come randello.
Vicino alla fattoria, vide un giovane dai capelli rossi che stava battendo un cane con una frusta.
«Smettetela!» gridò Smedley, precipitandosi avanti.
«Badate agli affari vostri» replicò seccamente il giovane, calando di nuovo la frusta.
Smedley alzò il bastone.
Sessant’anni dopo, il dottor Grainger disse, con tono solenne: «Signori, la prima macchina del tempo».
I suoi due amici la guardarono a occhi sbarrati.

L’ORIGINALE IN INGLESE:

Dr. Grainger said solemnly, “Gentlemen, the first time machine.”
His three friends stared at it. It was a box about six inches square, with dials and a switch.
“You need only to hold it in your hand,” said Dr. Grainger, “set  the dials for the date  you want, press the button… and you are there.”
Smedley, one of the doctor’s three friends, reached for the box,  held it and studied it. “Does  it really work?” “I tested it briefly,” said the doctor. “I set it one day         back and pushed the button.  Saw myself – my own back – just walking out of      the room. Gave me a bit of a  turn.” “What would have happened if you’d rushed to the door and kicked yourself in the seat of the pants?”
Dr. Grainger laughed. “Maybe I couldn’t have, because it would have changed the past. That’s the old paradox of        time travel, you know. What would happen if one went back in time and killed one’s own grandfather before he met one’s    grandmother?”
Smedley, the box still in his hand, suddenly was backing away from the three other men. He grinned at them. “That,” he said, “is just what I’m going to do. I’ve been setting the date dials sixty years back while you’ve been talking.”
“Smedley! Don’t!” Dr. Grainger started forward. “Stop, Doc. Or I’ll press the button now. Otherwise I’ll explain            to you.” Grainger stopped. “I’ve heard of that paradox too. And it’s always interested me because           I knew I would kill my grandfather if I ever had a chance to. I hated him. He was a cruel bully, made life a hell for my grandmother and my parents. So this is      a chance I’ve been waiting for.”
Smedley’s hand reached for the button and pressed it. There was a sudden blur…
Smedley was standing in a field. It took him only a moment to orient himself. If this spot was where Dr. Grainger’s       house would some day be built, then his greatgrandfather’s farm would be only a mile south. He started walking. En route he found a piece of wood that made a fine club.
Near the farm, he saw a red-headed young man beating a dog with a whip.
“Stop that!” Smedley yelled, rushing up.
“Mind your own damn business,” said the young man as he lashed with the whip again.
Smedley swung the club.
Sixty years later, Dr. Grainger said solemnly, “Gentlemen, the first time machine.” His two friends stared at it.



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