sabato 24 marzo 2018

178 La sentenza (di Fredric Brown)



Pubblicato nel 1954 con il titolo “Sentence”, questo breve racconto illustra bene lo spirito che anima la letteratura fantascientifica di Fredric Brown, assai diverso da quello di altri autori, come – per citare il più famoso – Isaac Asimov.
Così, anche una condanna a morte su un pianeta di una stella lontana può trasformarsi in un… privilegio: gli alieni non sono poi così cattivi come si pensa!

Charley Dalton, spaziale di origine terrestre, entro un’ora dal suo atterraggio sul secondo pianeta della stella Antares aveva commesso un reato assai grave. Aveva ucciso un Antariano. Su gran parte dei pianeti l’assassinio è un reato minore; su molti altri è un’azione lodevole. Ma su Antares II è un delitto capitale.
«Sei condannato a morte», decretò il solenne giudice antariano. «Morte per disintegrazione domani all’alba.» Non era permesso fare appello alla sentenza.
Charley fu condotto nell’appartamento dei condannati.
L’appartamento si rivelò composto di diciotto stanze sfarzose, ognuna fornita, molto ben fornita, con un’ampia scelta di cibi e bevande, giacigli e qualunque altra cosa egli avesse potuto desiderare, inclusa una bellissima donna sopra ognuno dei giacigli.
«Ch’io sia dannato», disse Charley.
La guardia antariana si chinò verso di lui e spiegò: «È l’usanza del nostro pianeta. Facciamo così per l’ultima notte di ogni uomo condannato a morire all’alba. Gli viene offerto tutto quello che potrebbe desiderare.»
«Vale quasi la pena», osservò Charley. «Dimmi un po’, io avevo appena atterrato quando mi è capitato questo guaio e non ho avuto il tempo di controllare la guida del pianeta. Quanto è lunga una notte, qui? Quante ore impiega questo pianeta in una rotazione?»
«Ore?» disse la guardia. «Dev’essere un termine terrestre. Telefonerò all’Astronomo Reale per un raffronto del tempo tra il tuo pianeta e il nostro.»
Telefonò, fece la domanda, ascoltò. Poi disse a Charley Dalton: «Il tuo pianeta Terra compie novantatré rivoluzioni attorno al suo sole durante un periodo di oscurità su Antares II. Una delle nostre notti equivale a novantatré dei vostri anni.»
Charley fischiò sommessamente e si domandò se ce l’avrebbe fatta. La guardia antariana, la cui vita aveva una durata di poco più che ventimila anni, si inchinò con aria grave e compassionevole per poi ritirarsi.
Charley Dalton affrontò la sgobbata di quella lunga notte di mangiate, bevute, et coetera, sebbene non in questo ordine preciso. Le donne erano davvero belle e lui era stato nello spazio un bel po’ di tempo.



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