martedì 28 febbraio 2017

52 Il fantasma di Canterville - parte 2 (di Oscar Wilde)



2.
Il temporale imperversò furioso tutta la notte, ma non accadde nulla di notevole. La mattina seguente, tuttavia, quando scesero per la prima colazione, trovarono che la spaventosa macchia di sangue era ricomparsa sul pavimento. «Non credo possa essere colpa del Super Detersivo», osservò Washington «perché l'ho provato con tutto e mi ha sempre dato risultati perfetti. Dev'essere stato il fantasma». Di conseguenza fregò via la macchia una seconda volta, ma ecco che la seconda mattina era comparsa di nuovo. E ci fu anche la terza mattina, benché la biblioteca fosse stata chiusa a chiave la notte dal signor Otis in persona, il quale aveva poi portato via la chiave con sé. Tutta la famiglia cominciava ormai a interessarsi seriamente alla faccenda: al signor Otis venne il sospetto di essere stato forse un po' troppo dogmatico nel negare l'esistenza dei fantasmi, la signora Otis espresse l'intenzione di farsi socia dell'Associazione di Ricerche Psichiche, e Washington stilò una lunga lettera per i signori Myers & Podmore sulla permanenza delle macchie sanguigne allorché queste siano connesse con qualche delitto. Quella notte ogni dubbio intorno all'effettiva esistenza dei fantasmi fu dissipato per sempre.
Il giorno era stato caldo e soleggiato e quando, verso sera, l'aria rinfrescò, la famiglia Otis uscì in massa per una scarrozzata. Non rincasarono che alle nove, e consumarono un pasto leggero. Durante la conversazione non fu fatto il benché minimo accenno a spettri e fantasmi, di modo che mancavano anche quelle condizioni primarie di attesa ricettiva che spesso precedono il verificarsi di fenomeni psichici. Come mi narrò in seguito il signor Otis, il discorso cadde su quegli argomenti che formano di solito il nocciolo della conversazione tra gli americani colti delle classi superiori, come ad esempio l'enorme superiorità, quale attrice, della signorina Fanny Davenport al confronto di Sarah Bernhardt; la difficoltà di trovare granoturco acerbo, focacce di sorgo e pannocchie bollite nel latte anche nelle migliori case inglesi; l'importanza di Boston sullo sviluppo dell'anima universale; i vantaggi del bagaglio assicurato nei viaggi per ferrovia, e la dolcezza dell'accento di Nuova York in paragone alla pronuncia strascicata dei londinesi. Non si parlò neppure lontanamente di cose soprannaturali e tanto meno fu fatta alcuna allusione a sir Simon de Canterville. Alle undici la famiglia si ritirò e alle undici e mezzo tutte le luci erano spente. Poco tempo dopo il signor Otis venne però risvegliato da un curioso rumore che proveniva dal corridoio, proprio davanti all'uscio di camera sua. Risuonava come uno stridore di metallo che pareva farsi sempre più vicino ad ogni istante. Il ministro si alzò senza indugi, accese un fiammifero e guardò l'orologio. Era l'una esatta. Si sentiva calmissimo, e si tastò il polso per accertarsi di non essere febbricitante. Lo strano rumore continuava, accompagnato ora da un distinto strascicare di passi. Il ministro s'infilò le pantofole, tolse dal cassetto del tavolino da notte una minuscola fiala di forma oblunga, e aprì la porta. Diritto davanti a sé vide ergersi, nell'esangue luce lunare, un uomo dall'aspetto spaventoso. Aveva gli occhi rossi come due carboni ardenti: lunghi capelli grigi gli ricadevano per le spalle in ciocche incolte, e le vesti, di foggia antica, erano tutte lacere e imbrattate; dai polsi e dalle caviglie, infine, gli pendevano pesanti manette e catene arrugginite.
«Egregio signore», incominciò il signor Otis «sono costretto a pregarla di oliare un po' come si deve quelle sue catene, e le ho portato a questo scopo una bottiglietta di Lubrificante Solare Tammany. Me lo hanno garantito efficacissimo fin dalla prima applicazione; ne troverà la conferma nei numerosi attestati di alcuni tra i nostri maggiori dottori in teleologia. Glielo lascio qui per suo uso accanto alle candele della camera da letto, e sarò felicissimo di fornirgliene dell'altro, qualora ne avesse bisogno». Con queste parole, il ministro degli Stati Uniti posò la bottiglietta su un tavolo di marmo, chiuse la porta e si ritirò a riposare.
Per un attimo il fantasma di Canterville rimase letteralmente paralizzato dallo sdegno; quindi, dopo aver gettato con violenza la fiala sul lucido pavimento, svolazzò per il corridoio gemendo cupamente ed emanando una verde luce spettrale. Proprio nel momento in cui giungeva al sommo della grande scalinata di quercia, ecco che un uscio si spalancò lasciando intravvedere sulla soglia due figure biancovestite, e un grosso guanciale passò sibilando ad un pelo della sua testa. Non c'era evidentemente tempo da perdere; perciò adottando in tutta fretta la quarta dimensione come unica via di scampo, lo spettro svanì attraverso il rivestimento di legno della parete, restituendo alla casa quiete e silenzio.
Come ebbe raggiunta una piccola stanza segreta, nell'ala sinistra del castello, si appoggiò a un raggio di luna onde riprendere fiato e incominciò a riflettere sulla propria situazione. Mai, mai, nella sua brillante ed ininterrotta carriera tricentenaria, egli era stato così grossolanamente insultato. Ripensò alla vecchia duchessa da lui spaventata al punto di farla cadere in un attacco isterico, mentre si ammirava davanti allo specchio nei suoi pizzi e nei suoi diamanti: pensò alle quattro cameriere che aveva fatto uscire di senno, semplicemente sghignazzando alle loro spalle da dietro le tendine del guardaroba. Ripensò al Rettore della parrocchia al quale aveva spento la candela una notte che usciva tardi dalla biblioteca, e che da quella volta aveva dovuto essere affidato alle cure di sir William Gull, divenuto com'era un misero essere, sempre in preda a gravissime turbe nervose. E che dire della vecchia signora de Trémouillac la quale essendosi svegliata presto un mattino e avendo visto uno scheletro seduto in poltrona accanto al caminetto, intento a leggere il suo diario, era stata costretta a letto per ben sei settimane da un attacco di febbre cerebrale, e non appena ristabilita si era riconciliata con la Chiesa e aveva rotto ogni rapporto con quel noto scettico che era il signor Voltaire. Ripensò alla tremenda notte in cui il malvagio lord Canterville fu trovato rantolante nel proprio spogliatoio, con il fante di quadri mezzo infilato nella gola, e confessò sul punto di morire di aver sottratto a Charles Fox cinquantamila sterline al Casinò di Crockford, precisamente grazie a quella carta, e giurò che era stato il fantasma a fargliela ingoiare. Le sue grandi imprese gli tornarono tutte alla mente; dal maggiordomo che si era ucciso nella dispensa con un colpo di pistola per aver visto una mano verde battere contro i vetri della finestra, alla bellissima lady Stutfield, costretta a portare sempre annodato al collo un nastro di velluto nero per nascondervi l'impronta che cinque dita di fuoco le avevano lasciato sulla candida pelle, e che alla fine si era annegata nello stagno delle carpe, in fondo al Viale del Re. Con l'egoismo entusiastico dell'artista nato, riandò col pensiero alle sue trasformazioni più famose e sorrise amaramente tra sé, rammentando la sua ultima apparizione sotto le spoglie di "Ruben il Rosso", ovvero "L'Infante Strangolato"; il suo début nella personificazione di "Gibeone lo Smunto", e il furore che aveva suscitato in una languida sera di giugno limitandosi a giocare a birilli con le proprie ossa sul terreno del campo di tennis. Ebbene, dopo tutte queste gesta, dovevano venire quattro miserabili americani moderni a offrirgli del Lubrificante Solare e a buttargli dei cuscini in testa! Era una situazione assolutamente insopportabile. D'altronde mai nessun fantasma, nel corso della storia, era stato trattato a quel modo. Decise pertanto di vendicarsi adeguatamente, e rimase immerso sino allo spuntare del giorno in un atteggiamento di profonda meditazione.

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