giovedì 1 settembre 2016

1 I piedi bendati (di Pearl S. Buck)



Il brano, tratto dal romanzo Vento dell’Est: vento dell’Ovest, è ambientato in Cina all’inizio del Novecento.  Kwei-lan è una ragazza cinese che ha sposato l’uomo che i suoi genitori avevano scelto per lei quand’era una bambina; sennonché il marito ha studiato all’estero (in Occidente) ed è diventato medico e, quando ritorna in Cina, non è più in grado di accettare le antiche tradizioni del suo Paese, per esempio quella del Loto d’oro, che obbliga la donne a bendarsi i piedi. Kwei-lan non capisce e, di fronte al comportamento del marito, si sente non amata.

Una sera (eravamo da quindici giorni nella nuova casa) sedevamo insieme nell’atrio. Entrando avevo trovato mio marito immerso nella lettura di uno dei suoi libroni, e, nello sfiorarlo, avevo visto, disegnata su un foglio, una forma umana; ma non già rivestita della pelle, bensì, orribile a dirsi, scorticata in modo da lasciar vedere la carne sanguinolenta! (1) Come poteva mio marito interessarsi di letture del genere? Ero inorridita, ma non osai lì per lì fargli alcuna domanda.
Seduta su una delle curiose sedie di vimini (sarebbe stato poco dignitoso appoggiarmi alla spalliera, e perciò sedevo col busto rigido), pensavo con malinconia alla casa di mia madre. Ecco: a quella stessa ora, si preparava per la cena alla luce delle candele, fra concubine (2) e bambini vocianti. Mia madre siede al suo posto di capotavola, e i servi dispongono le terrine coi legumi e il riso fumante. Trambusto e felicità generali. Mio padre non compare ancora; verrà più tardi, a cena ultimata, per giocare un poco coi figli delle concubine. La servitù, una volta sparecchiato, prenderà posto su bassi sgabellucci nel cortile, e s’indugerà fino a tardi a bisbigliare nell’ombra, mentre mia madre, chiamato a sé alla tavola sgombra il capo-cuoco, fa i conti alla tremula luce di una lunga candela rossa.
Oh, casa materna! Poter ritornare!
Avrei camminato tra i fiori, mi sarei chinata sulle bacche del loto (3), per accertarmi se i semi, all’interno, fossero maturi. L’estate era avanzata, la maturazione vicina… Forse sul tardi, sorta già la luna, mia madre m’avrebbe chiamata perché suonassi sull’arpa le sue arie predilette. Io avrei obbedito con la destra atteggiata a trarre dalle corde la melodia, e la sinistra ad accompagnare in minore…
A questo pensiero m’alzai ed estrassi con cura lo strumento dall’astuccio laccato (4) sul quale, intarsiate in madreperla, sono le figure degli otto spiriti della musica. La cassa armonica, sottostante alle corde, è composta di legni diversi, ognuno dei quali contribuisce ad accrescere la sonorità dello strumento. Arpa ed astuccio erano stati regalati alla nonna paterna da suo padre, il quale a sua volta li aveva fatti venire dal Kwantung (5) allorché la figlia ebbe smesso di piangere per il bendaggio dei piedi.
Le corde, al mio live tocco, diedero un suono esile e malinconico. L’arpa è il più antico strumento del mio popolo, e andrebbe suonata quando c’è la luna, sotto gli alberi, vicino ad acque chete. Allora la sua voce acquista arcane dolcezze. Qui però, dove suonavo ora, nell’opaca camera straniera, l’arpa dava un suono debole e soffocato.
Esitai un poco, e poi attaccai un pezzo del tempo dei Sung (6).
«Bellissimo!» disse con gentilezza mio marito, alzando gli occhi. «Mi piace che tu sappia suonare. Un giorno o l’altro ti comprerò un pianoforte, e imparerai anche la musica occidentale.» E riprese la sua lettura.
Leggeva il suo orribile libro. Io lo guardavo facendo macchinalmente vibrare le corde senza sapere quel che suonavo. Non avevo mai visto un pianoforte: che ne avrei fatto?
Improvvisamente smisi di suonare: non potevo più. Riposi l’arpa, e sedetti col capo chino, le mani intrecciate sul grembo.
Ci fu un lungo silenzio. Mio marito chiuse il libro e mi guardò meditabondo.
«Kwei-lan» disse.
Il cuore mi diede un balzo. Era la prima volta che mi chiamava per nome. Che cosa aveva da dirmi, finalmente? Lo guardai timidamente. Proseguì:
«Da quando ci siamo sposati, ho sempre avuto in animo di domandarti se vorrai toglierti le bende che ti serrano i piedi (7). Ne soffre la salute di tutta la tua persona. Guarda, le tue ossa sono deformate così.»
Rapidamente, col lapis, schizzò sul foglio un orribile piede rattrappito.
Io ero stupefatta. Come faceva a sapere? Non mi ero mai bendata i piedi in sua presenza – nessuna donna cinese espone mai i piedi alla vista altrui. Persino durante la notte noi teniamo i piedi nascosti in calze di tela bianca.
«Come fai a sapere?» domandai con voce strangolata.
«Perché sono un medico che ha studiato in Occidente» rispose. «E poi, non è solo per la tua salute, ma anche per la tua bellezza che desidero che tu ti levi le bende. I piedi bendati sono brutti, a parte il fatto che non sono neanche più di moda. Quest’ultimo argomento dovrebbe convincerti, no?» Dicendo queste parole sorrise appena, guardandomi non senza dolcezza.
Io m’affrettai a nascondere i piedi sotto la sedia. Le sue parole m’avevano colpita. Brutti, i piedi bendati? E io che ero sempre stata così fiera dei miei! Durante tutta la mia infanzia mia madre ne aveva sorvegliato in persone le quotidiane immersioni in acqua quasi bollente, e il successivo e sempre più stretto bendaggio. Se io piangevo per il dolore, lei non mancava di ricordarmi che un giorno mio marito avrebbe lodato la bellezza dei miei piedi.
Ora, per nascondere le lacrime, chinai il capo. Pensavo alle infinite notti insonni, ai giorni in cui mi era stato impossibile mangiare per il dolore, alla perduta voglia di giocare, alle ore trascorse seduta sull’orlo del letto dimenando i miei poveri piedi per alleggerirli del loro peso di sangue. E ora? Dopo aver tanto sopportato, ora che il dolore era da poco cessato, ecco che mio marito li trovava brutti!
«Non posso» dissi mezzo soffocata dai singulti; e, incapace di trattenere il pianto, abbandonai la stanza.
Dei miei piedi in fondo non m’importava gran che. Tuttavia, se neanche quando portavo le scarpine vagamente ricamate mio marito s’interessava di me, come potevo sperare di suscitare il suo amore?
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(1) È evidentemente un libro di anatomia
(2) Sono le altre mogli del padrone di casa; in Cina era comune la poligamia fino al 1953, quando venne abolita da una legge maoista
(3) Pianta acquatica con foglie molto decorative e grandi fiori
(4) Rivestito di lacca, una sostanza resinosa da cui si ricava una speciale vernice
(5) Regione della Manciuria meridionale
(6) Dinastia imperiale cinese che regnò dal 960 al 1279
(7) Per saperne di più su questa antica usanza cinese, vedi  

Una giovane donna con i piedi bendati


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