venerdì 30 giugno 2017

76 Dodici favole con protagonisti degli uomini (di Esopo)




L’ASSASSINO

Un tale, che aveva ucciso un uomo ed era braccato dai congiunti della sua vittima, giunse sulle rive del Nilo, dove s’imbatté in un lupo. Terrorizzato, si arrampicò su un albero che cresceva vicino al fiume e vi si tenne nascosto, finché si accorse che un serpente strisciava nella sua direzione. Per questo si lasciò cadere nell’acqua, ma qui un coccodrillo se lo mangiò in un boccone.
La favola dimostra che nessun elemento della natura – né la terra, né l’aria, né l’acqua – è sicuro per gli uomini maledetti dagli dei.

L’UOMO MORSO DA UNA FORMICA ED ERMES

Un tale, che una volta aveva visto una nave colare a picco con il suo equipaggio, sosteneva che gli dei non giudicano con equità, perché per colpa di un solo empio erano morti contemporaneamente anche degli innocenti. Il luogo in cui si trovava mentre faceva queste affermazioni era brulicante di formiche e capitò che una di queste lo mordesse. E l’uomo, sebbene una sola fosse colpevole, le calpestò tutte. Gli apparve allora Ermes (1), che lo picchiò con il caduceo (2), esclamando: «E tu non tolleri che gli dei giudichino gli uomini come fai tu con le formiche?».
Quando capita una disgrazia, non bisogna bestemmiare contro la divinità, ma piuttosto considerare le proprie colpe.

IL FANFARONE

Un atleta, che pratica il pentathlon (3), era perenne bersaglio dei lazzi dei concittadini per il suo scarso vigore. Una volta si allontanò dal suo paese e, al suo ritorno, prese a vantarsi raccontando che anche in altre città si era ampiamente coperto di gloria, ma a Rodi (4), poi, aveva spiccato un salto tale che nessuno degli atleti vittorioso ai giochi di Olimpia (5) poteva eguagliarlo. E aggiungeva che avrebbe portato come testimoni del fatto quanti aveva assistito alla gara, se mai passassero un giorno dalle loro parti. «Ma se quel che racconti è vero, caro mio» interloquì allora uno dei presenti, «che bisogno hai di testimoni? Ecco qui Rodi: facci vedere questo salto!».
La favola dimostra che ogni discorso è superfluo riguardo a ciò che è facile provare con i fatti.

L’UOMO BRIZZOLATO E LE SUE AMANTI

Un uomo brizzolato aveva due amanti, una giovane, l’altra vecchia. Quella anziana, che si vergognava di avere una relazione con uno più giovane di lei, quando riceveva le sue visite gli strappava continuamente i capelli neri. La giovane, invece, cui non andava di avere come amante un vecchio, gli strappava quelli bianchi. E così accadde che l’uomo, pelato un po’ dall’una e un po’ dall’altra, si ritrovò calvo.
Nello stesso modo ciò che è discordante procura in ogni caso dei guai.

IL CIECO

Un cieco era abituato a dire di che razza fosse qualsiasi animale gli ponessero tra le mani, riconoscendolo al tatto. Una volta gli fu presentato un lupacchiotto: l’uomo lo palpò, ma rimase incerto: «Non so se è il cucciolo di un lupo o di una volpe o di qualche animale simile a questi» disse, «ma di una cosa sono assolutamente sicuro: questa bestia non è fatta per andare con un gregge di pecore».
Così l’indole dei malvagi spesso si rivela anche dall’aspetto fisico.

L’IMBROGLIONE

Un uomo povero, che era malato e stava molto male, promise agli dei che avrebbe offerto loro in sacrificio cento buoi se lo avessero guarito. Gli dei, volendo metterlo alla prova, disposero che l’infermo si ristabilisse entro brevissimo tempo. Quando si fu rimesso in piedi, visto che non possedeva dei buoi in carne e ossa, l’uomo ne modellò cento di pasta e li bruciò su un altare con questa invocazione: «Accogliete il mio voto, o dei!». Allora gli dei decisero di prenderlo in giro a loro volta e gli inviarono un sogno con il quale lo invitavano a recarsi sulla spiaggia, dove avrebbe trovato mille dracme attiche (6). L’uomo, tutto contento, corse in riva al mare, ma qui cadde nelle mani dei pirati, che lo trascinarono via e lo vendettero. Fu così che trovò le mille dracme.
La favola è adatta per i bugiardi.

GLI UOMINI E ZEUS

Dicono che tanto tempo fa, quando gli esseri viventi furono creati, a ciascuno di loro venne accordato un dono da parte della divinità – a chi la forza, a chi la velocità, a chi le ali –, mentre l’uomo, rimasto nudo, protestò: «Me solo hai lasciato privo della tua grazia!». Gli rispose Zeus: «Non ti sei neanche reso conto della qualità che hai ricevuto, eppure ti è stata assegnata la più grande: hai ottenuto e possiedi la ragione, che ha forza presso gli dei e presso gli uomini, più potente dei potenti e più veloce dei veloci». E allora l’uomo, riconosciuto il dono, se ne andò dopo aver adorato il dio e avergli reso grazie.
Benché tutti gli uomini siano stati gratificati dalla divinità con la ragione, alcuni non si rendono conto di tale onore e invidiano piuttosto gli animali, che sono privi di sentimento e di razionalità.

L’UOMO CHE SPACCÒ LA STATUA

Un uomo povero, che possedeva la statua di legno di una divinità, la supplicava di concedergli qualche beneficio ma, nonostante le sue preghiere, precipitava in una miseria sempre più nera. Un giorno, infuriato, sollevò la statua per una gamba e la sbatté contro il muro. La testa subito si spaccò e lasciò scorrere una cascata d’oro, che l’uomo si precipitò a raccogliere, esclamando: «Sei strambo, a parer mio, e ingrato: non mi hai soccorso finché ti rendevo onore e quando ti ho maltrattato mi hai reso in cambio un ricco dono!».
La favola dimostra che non otterrai alcun aiuto se colmerai di onori un malvagio, ma ne ricaverai maggior vantaggio se lo tratterai male.

L’ASTRONOMO

Un astronomo aveva l’abitudine di uscire ogni sera a contemplare le stelle. Una volta che vagava nelle vicinanze della città con la mente tutta rivolta al cielo, senza accorgersene cadde in un pozzo. Si mise allora a lamentarsi e a urlare, finché uno che passava di là, attirato da quelle grida, gli si avvicinò e, quand’ebbe appreso che cos’era accaduto, gli disse: «Brav’uomo, ti affanni a guardare ciò che sta in cielo e non vedi quello che è sulla terra?».
Di questa favola ci si potrebbe servire per quegli uomini che si vantano di imprese straordinarie, ma non sono in grado di compiere le azioni comuni a tutti.

IL CONTADINO E I SUOI FIGLI

Un contadino, trovandosi in punto di morte, voleva che i suoi figli si impratichissero nel lavoro dei campi. Perciò li fece chiamare e disse loro: «Ragazzi miei, io ormai me ne vado: cercate nella vigna e scoprirete tutto quello che vi è nascosto». I figli pensarono che là, da qualche parte, fosse sepolto un tesoro e dopo la morte del padre scavarono a fondo tutta la terra del vigneto: non trovarono nulla, ma la vigna, zappata a dovere, diede un frutto molto più abbondante.
La favola dimostra che il lavoro è per gli uomini un tesoro.

I FIGLI DEL CONTADINO CHE ERANO IN DISACCORDO

I figli di un contadino erano perennemente in disaccordo tra loro e il padre, nonostante i continui ammonimenti, non riusciva a convincerli con le sue parole a cambiare atteggiamento. Si rese contò perciò che doveva raggiungere lo scopo con un esempio concreto e ordinò ai ragazzi di portargli un fascio di verghe. Quelli obbedirono. In un primo momento il contadino consegnò loro le verghe riunite insieme e chiese che le spezzassero, ma i figli, pur mettendocela tutta, non furono in grado di farlo. Allora il padre sciolse il fascio e diede loro le verghe a una a una: così non incontrarono nessuna difficoltà a romperle. «Anche voi, figli miei» concluse il contadino, «se sarete uniti non potrete essere vinti dai vostri nemici, ma diventerete per loro una facile preda sa sarete in disaccordo».
La favola dimostra che la concordia è tanto più forte quanto più è debole la discordia.

I DUE NEMICI

Due uomini, che si odiavano a morte, viaggiavano sulla stessa nave: uno stava a poppa, l’altro a prua. Sorse all’improvviso una tempesta e, quando l’imbarcazione era ormai lì lì per colare a picco, quello che si trovava a poppa chiese al timoniere quale delle due estremità della nave sarebbe finita sott’acqua per prima. «La prua!» rispose l’interpellato. E l’altro: «Allora non mi è doloroso morire, se sto per vedere il mio nemico affogare prima di me».
La favola dimostra che molti non si preoccupano minimamente del proprio danno, se ne vedono colpiti prima i loro nemici.

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(1) Ermes, figlio di Zeus e di Maia, è un dio scaltro e simpatico, perennemente indaffarato in molteplici attività, spesso al di là del lecito. Numerosi i compiti che gli vengono attribuiti: messaggero e agente degli dei, protegge il commercio (onesto e disonesto) e anche il furto, assiste i viandanti, veglia sui pastori e sulle greggi, accompagna le anime dei defunti nell’Ade, è patrono dei ginnasti e degli atleti. Ermes è presente in molte favole di Esopo, dove compare sempre con le sue prerogative tradizionali, spesso come esecutore della volontà di Zeus.
(2) Il caduceo è un bastone d’oro sormontato da due piccole ali, attorno al quale si attorcigliano due serpenti. È attributo tipico di Ermes, come simbolo di pace e della funzione di messaggero degli dei.
(3) Il pentathlon era una gara composta, come suggerisce il termine, da cinque prove: corsa, salto, lancio del disco, lancio del giavellotto, lotta. Secondo la tradizione mitica, sarebbe stato Giasone il primo a unire queste cinque prove in un’unica gara, mentre dal punto di vista storico il pentathlon si trova inserito nei giochi olimpici per la prima volta nel 708 a.C.
(4) Rodi è un’isola del mar Egeo, appartenente all’arcipelago delle Sporadi.
(5) Si tratta ovviamente dei famosi giochi panellenici che si svolgevano ogni quattro anni a Olimpia, nell’Elide, una regione situata nel Peloponneso nord-occidentale.
(6) La dracma era una moneta d’argento equivalente in genere a 1/100 di mina e a 1/6000 di talento.



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