mercoledì 13 settembre 2017

105 Che stai? già il secol l'orma ultima lascia (di Ugo Foscolo)



Questo sonetto fu scritto probabilmente nel 1800: in esso Foscolo si rivolge a se stesso per ricordarsi che il secolo XVIII sta finendo e che i suoi vent’anni non hanno prodotto niente di ammirevole, avendo vissuto finora nell’errore, nella rabbia e nel tormento. Se non ti è concesso di compiere gesta eroiche – augura a se stesso -, almeno cerca la fama nel produrre qualche opera poetica di alto valore, che rimanga ai posteri quando sarai per essi un uomo del passato.
Anch’esso immaturo e non del tutto riuscito, il sonetto esprime però realisticamente i tormenti, non solo del suo autore, ma di qualunque ventenne, che sente con disagio di non aver ancora compiuto nulla di importante nella vita, pur sentendone il desiderio.

Che stai? già il secol l’orma ultima lascia;
dove del tempo son le leggi rotte
precipita, portando entro la notte
quattro tuoi lustri, e obblio freddo li fascia.

Che se vita è l’error, l’ira, e l’ambascia,
troppo hai del viver tuo l’ore prodotte;
or meglio vivi, e con fatiche dotte
a chi diratti antico esempi lascia.

Figlio infelice, e disperato amante,
e senza patria, a tutti aspro e a te stesso,
giovine d’anni e rugoso in sembiante,

che stai? breve è la vita, e lunga è l’arte;
a chi altamente oprar non è concesso
fama tentino almen libere carte.

PARAFRASI:

Che indugi? già il secolo imprime l’ultima sua orma [volge al termine];
dove le leggi del tempo sono rotte [non esistono più, nell’eternità]
precipita, portando dentro il buio della sua notte
quattro tuoi lustri [vent’anni], e un freddo oblio li avvolge.

Perché se la vita è errore, ira e angoscia,
hai già vissuto troppo del tempo tuo;
ora vivi più degnamente, e con fatiche erudite
lascia esempio di te a chi ti chiamerà antico [cioè chi verrà dopo di te].

Figlio infelice e amante disperato,
e senza patria, duro con tutti e anche con te stesso,
giovane d’anni ma dall’aspetto rugoso,

cosa aspetti? la vita è breve mentre l’arte è lunga [dura a lungo];
a chi non è concesso di compiere alte cose
almeno libere carte [liberi versi] procurino fama.






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